martedì 10 luglio 2012

POLITICA E MAGISTRATURA. EQUILIBRIO FONDAMENTALE

di Giuseppe Varisco - Un fenomeno nocivo per la tenuta costituzionale della nostra Repubblica, e per i cittadini è il sempre presente attivismo politico della magistratura italiana.
Sull'annoso tema è giunto il momento di formulare delle proposte serie e risolute. Come è noto, la magistratura, nel suo ruolo di organo super partes, dovrebbe esser soggetta soltanto alle leggi, e chiamata a vigilare, con eguale interesse, ogni singolo fenomeno, fatto o circostanza, che si discosti dal rispetto delle norme.
Ciò nonostante, da qualche decennio, sembra che la magistratura abbia mostrato una particolare preferenza (per non dire una vera e propria predilezione) ad occuparsi, indagare e giudicare in special modo su tutto ciò che circonda il mondo della politica, sul suo operato e sui rapporti con gli altri centri di potere.

In particolar modo il tema, dei rapporti “mafia - politica”, sembra naturalmente destinato a diventare il più gettonato degli argomenti scelto da taluni P.M. d’attacco. Quasi, l’argomento “a piacere” preferito, luogo privilegiato per quelle frange, pronte a prepararsi al futuro lancio per l’inserimento nel modo politico.

È fatto ormai risaputo che, per chi voglia vincere la propria competizione all’interno della magistratura guadagnandosi una credibile leadership, i temi di complotto mafia-politica rappresentano una materia di estrema rilevanza. Lo conferma il persistente desidero di alcuni magistrati di presenziare in TV e sui giornali, di rilasciare interviste e pubblicare comunicati, ogni qualvolta sentano l’esigenza di farlo. Il più delle volte trattasi di intendimenti, perlopiù dettati dall'obbiettivo (per molti di loro) di esser captati dal sistema politico che - per ironia della sorte - appena pochi giorni prima avevano aspramente censurato e criticato nella veste di giudici e pubblici ministeri.

L’aspettativa di potersi un giorno candidare, o di poter essere designati quali futuri assessori, sottosegretari, ministri etc., coinvolge, ormai apertamente, parte della magistratura.
Certamente, molti di loro obietterebbero, rispondendo che il nostro ordinamento, considera lecita la candidatura di un magistrato, atteso che le norme in materia stabiliscono semplicemente che la causa di ineleggibilità non ha effetto se il magistrato “cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature”. Ed addirittura, in alcune ipotesi limite, le cariche amministrative presso Enti Locali siti fuori dal territorio in cui il magistrato esercita le funzioni, rende possibile il contemporaneo svolgimento delle funzioni politiche-amministrative, unitamente a quelle giurisdizionali.

Ma tutto ciò è assurdo, se pensiamo che un caro amico parigino (Montesquieu), nel 1748 aveva pubblicato un libro dal titolo "lo spirito delle leggi" da cui nacque quel principio - più volte, ed ancora oggi, osannato dalla stessa magistratura - sulla separazione dei poteri dello Stato.
Per cui se crediamo ancor oggi sulla forza di questo principio, e non vogliamo che esso cada nell’oblio, dovremmo far presto ad ipotizzare - per tutti i magistrati - un intervento normativo di matrice costituzionale, con l’introduzione di ineleggibilità di tipo assoluto senza eccezioni.
Soltanto in tal modo potremmo aspirare ad avere una magistratura veramente libera ed autorevole, e costantemente operante al servizio dei cittadini. Una magistratura realmente distante da un sistema politico, al quale (pur volendo) non potrebbe mai aspirare di entrare, pena l’irreversibile abbandono dall’esercizio del potere giurisdizionale.

E’ giunto il tempo di formulare scelta politiche nette e determinate: la totale abrogazione di leggi, leggine, deroghe, proroghe, limiti, eccezioni, e quant’altro possa legittimare ogni singolo magistrato a queste continue “navette di potere” dalla politica alla magistratura, e viceversa, (che peraltro, talvolta si ripetono a distanza di pochi anni!)
Probabilmente, questo sarebbe il migliore antidoto da porre a salvaguardia del principio della separazione dei poteri.
È arrivato, quindi, il momento di cedere il passo ad un più nobile intervento legislativo, prevedendo per tutti i magistrati un biglietto di “solo andata” per il loro eventuale ingresso nel mondo della politica, non consentendo alcun reversibile ritorno all’esercizio del potere giurisdizionale.

Questa riflessione, per scongiurare ogni possibile equivoco, è pro magistratura.
E proprio per la stima e il riconoscimento del ruolo, questa categoria deve essere preservata dalle poche mele marcie, per evitare le critiche dell’opinione pubblica e i conflitti con la politica, sull’operato istituzionale di tanti giudici che, onestamente, si battono per la tutela dei diritti di TUTTI. 


Giuseppe Varisco

10 luglio 2012

P.S. Argomento scottante e sempre d’attualità quello che affronta Giuseppe Varisco, per la prima volta, come autore, su PoliticaPrima. E chi meglio di lui, giovane e affermato avvocato di Palermo, poteva farlo. Giuseppe ha un passato politico che lo ha visto protagonista nelle elezioni amministrative del 2008 quando è stato eletto consigliere di circoscrizione e ha svolto il suo mandato con impegno e competenza. Adesso, rivolge la sua maggiore attenzione alla professione e, nel tempo libero, a questo blog, di cui è un autorevole autore e collaboratore. Auguri e buon lavoro.

5 commenti:

  1. Sono totalmente d'accordo con l'autore di questo articolo che il magistrato debba decidere che cosa fare nella vita se il politico o il magistrato. Per il principio della separatezza dei poteri non si può stare un pò qua ed un pò la. Naturalmente qualcuno potrebbe obbiettare che gli incarichi politici hanno un orizzonte temporale limitato quindi una volta finito il mandato politico l'ex magistrato che fa? Potrebbe essere reimpiegato in un settore della pubblica amministrazione lontano dal potere giurisdizionale fino alla maturazione dei requisiti pensionistici e poi a casa.

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  2. Impossibile non essere d'accordo su tutto.
    La democrazia si risolleverà in grande auge quando si approverà con una "semplice" leggina di un solo articolo (il famoso articolo unico)il principio del divieto assoluto alla partecipazione dell'attività politica a magistrati, e aggiungerei imprendotori e giornalisti.
    Chi ha un vantaggio forte sui comuni cittadini per potere autonomo, per censo e per visibilità mediatica se "scende in campo" di fatto "tarocca" la competizione elettorale e, soprattutto, le istituzioni.

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  3. Ho letto con attenzione l'articolo dell' avv. Varisco , ovviamente rispetto quello che ha scritto e quello che pensa , anche perche' lui in materia di giustizia gioca assolutamente in casa .

    Non riesco invece rischiando la scortesia personale , che comunque sono certo mi sara' eventualmente perdonata , a dire che io non contivido nulla o quasi di quanto scritto nell'articolo .

    Abbiamo avuto magistrati asserviti a tutti i peggiori poteri legittimi e non , che hanno ammorbato l'italia , facendo del nostro paese il regno dei casi irrisolti o insabbiati o depistati .

    Stragi di stato , di mafia , di servizi deviati , finiti nel nulla .

    Ma non e' con quelle parti di magistratura che noi ci indignamo .

    Questi non hanno mai eappresentato un problema morale per nessuno . Anzi forse una risorsa .
    Mentre un problema sembrano essere altri magistrati , quelli che hanno cercato e cercano ancora , a rischio di linciaggi morali di ogni tipo , di salvare l'onore di un intero popolo .
    Sara' forse un mio limite , ma io vorrei tanti magistrati impegnati nel sociale e quindi in politica , per dare speranza a chi rischia di non averne piu' .
    sara' un mio limite , ma io vorrei le istituzioni , i partiti , il parlamento , svuotato da i camorristi , i mafiosi ,i massoni , gli intallazzisti , gli incapaci e i ruffiani . Ad ognuno le proprie priorita' , dette le vostre io ho detto le mie .

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  4. Chi fa il magistrato non può assolutamente fare politica. La magistratura conferisce dei poteri che non possono mai confluire con il potere Legislativo/Politico, pena derive dittatoriali.
    La politica, sia pur nella forma più pura, è fatta di compromessi, la magistratura NO!!!
    Il Magistrato sia quando svolge funzioni giudicanti sia quando svolge funzioni requirenti, deve essere sempre "tertium inter pares".
    Se fa politica necessariamente diviene parte!
    Condivido quanto scritto dal mio carissimo amico Giuseppe; ma ritengo interessante anche la precisazione del Dott. Vullo, reimpiegando il magistrato, terminato l'incarico politico, in altro settore della P. A., naturalmente tenendolo lontano dall'esercizio di funzioni giudicanti o requirenti, che possano confliggere con interessi di carattere politico!

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  5. Il passaggio dalla toga alla politica, indipendentemente dalla buona fede del magistrato, mette in ombra l' attività pregressa da questi esercitata, al punto da recare oggettivo e grave pregiudizio al bene costituzionalmente protetto dell' autonomia e dell' indipendenza della magistratura.

    Ad es. a Napoli e potuto accadere che diventasse assessore della giunta De Magistris il p.m. che fino al giorno prima indagava sull' ex sindaco.

    Spero che il legislatore non lasci irrisolti nodi cosi cruciali per la qualità della nostra democrazia.

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