giovedì 6 settembre 2012

BREVE NOTA SU POLITICA E NUOVE GENERAZIONI

Fabrizio-Ferrandellidi Fabrizio Ferrandelli - Ripensare il ruolo dei giovani nel dibattito politico e soprattutto adoperarsi per un loro riavvicinamento ai temi stessi della politica, credo, sia un punto fondamentale attorno al quale dovremmo soffermarci con molta attenzione,
perché se è vero che la crisi politico economica che investe il nostro paese, e non solo, può avere una fine, questa passa necessariamente attraverso un coinvolgimento delle generazioni più fresche della società. 
Occorre, innanzitutto, ridare un senso alla parola “politica”, che da troppo tempo ormai viene percepita dalla gente come un piano totalmente estraneo a quelle che sono le proprie emergenze (lavoro, pressione fiscale, etc.), con un duplice danno sia per i cittadini, che hanno perso ogni riferimento nelle istituzioni, sia per le istituzioni stesse, la cui esistenza appare senza significato e finalizzata solo al beneficio della “casta”.
Se questa fin qui esposta è una banale analisi del problema, una possibile soluzione risiede, come dicevo, nel ridare significato e un ruolo nuovo alla politica. In che modo mi si chiederà. Sicuramente nessuno possiede formule magiche o è in grado di fare miracoli, ma un passo avanti potrebbe essere il superamento – e dovremmo essere in primo luogo noi “politici” a favorirlo - di un'idea di politica non come astratta ideologia (la politica non è più, o non solo, essere di destra, di sinistra o di centro), e la promozione, piuttosto, di una politica intesa come capacità di costruire, attraverso il coinvolgimento delle persone e dei giovani soprattutto, di percorsi reali, praticabili e alternativi su questioni concrete e percepite come fondamentali dai cittadini.
A questo proposito, quando più volte ho citato lo straordinario risultato dei quesiti referendari, esso è stato raggiunto solo a partire da una chiara comunicazione a tutti livelli della società, relativamente al fatto che erano in gioco questioni fondamentali della vita di ciascuno di noi, come il mantenimento dell'acqua pubblica o il divieto di costruire impianti nucleari sul territorio nazionale; due temi che le persone, senza troppi sofismi e paroloni, hanno potuto sentire come fortemente incisivi per la qualità della propria esistenza.
Quando parlo di politica come fabbrica di pratiche comuni, intendo esattamente questo, una politica che partendo da una comunicazione chiara e schietta con tutti, possa interrogarsi sulle questioni fondamentali della vita, e non solo su cavilli burocratici, e costruire con l'apporto di tutta la società soluzioni condivise.

Fabrizio Ferrandelli
06 settembre 2012





15 commenti:

  1. Le riflessioni di Ferrandelli su questo blog sfondano le porte aperte e ci danno la speranza che non tutto è perduto. Innanzitutto egli con la sua presenza, il suo impegno politico-sociale, si rende credibile agli occhi dei giovani e non solo. Perciò propongo al comitato etico di politica prima di eleggere Fabrizio come nostro "testimonial". Egli propone di dare un senso alla parola politica e di riavvicinare i giovani ad essa. I partiti, che dovrebbero essere i depositari di questa semplice verità, in parlamento sia nazionale che regionale invece danno uno spettacolo indecoroso. Nonostante le batoste elettorali prevedibili e prossime venture, hanno il coraggio di lamentarsi del "populismo", del "grillismo", però diabolicamente continuano a perseverare nelle loro magagne. Il parlamento è pieno di inquisiti e di corrotti e di nominati e loro continuano a chiacchierare e cincischiare pur di non fare "la legge anticorruzione e la riforma elttorale". Andremo con il "porcellum" ?...e noi voteremo cinque stelle...il comitato dei vecchi del pd non vuole "renzi" e noi voteremo per lui, berlusconi ha fatto scempio del giovane alfano e noi non voteremo berlusconi...orlando è stato scorretto e sleale con Ferrandelli e noi non voteremo più orlando. Caro Fabrizio quando andrai in "paradiso", pardon in parlamento ricordati di noi e dei nostri figli. Ecco...il nostro problema è la fragilità dei nostri figli e dei nostri giovani. Perciò quando andrai in parlamento anche con il nostro contributo, fai delle proposte per il sostegno e l'occupazione giovanile. Spiega loro che non si aspettino più il posto assistenziale e clientelare, ma si stimoli il lavoro produttivo, in agricoltura, turismo, commercio e industria. Perciò basta "lsu" ed inutili precari. CMQ facci sapere quali sono le tue proposte ed i tuoi progetti e noi dopo attenta valutazione del tuo programma forse ti daremo il nostro sostegno. Spero che convergeremo sulla politica, fucina di idee condivise. Ti abbraccio e buon cammino.

    RispondiElimina
  2. Condivido le parole e lo spirito di Ferrandelli, credo che negli ultimi decenni ci sia stato un lavoro certosino da parte dei vertici della politica affinchè tutto fosse reso più complicato, più incomprensibile e più distante possibile dall'uomo comune.
    Sono riusciti a dividere nettamente la politica dall'uomo, nonostante quest'ultima esiste al solo fine di servire i cittadini.
    Ma proprio come scrive Ferrandelli, se la politica coinvolgerà i cittadini, penserà ed attuerà ogni iniziativa valorizzando l'uomo e l'ambiente le cose diverranno pian piano più semplici e finalmente si potrà ricominciare...
    Mi auguro che sempre più giovani ed onesti cittadini si possano avvicinare alla politica ed alle esigenze delle nuove generazioni. Buona PoliticaPrima a tutti

    RispondiElimina
  3. Premesso, non so se faccio parte del comitato etico di politicaprima, per il solo fatto che ogni tanto intervengo con mie considerazioni su articoli proposti, ma non sarei d’accordo di dare etichette di “testimonial” a nessun politico, questo è un luogo dove ognuno deve sentirsi partecipe di poter esprimere il proprio pensiero senza avere stellette o altro, per cui sono molto lieto che l’amico Fabrizio partecipa al blog di politicaprima, ma mi auguro che tanti ma tanti altri politici intervengano per avere sempre più un rapporto con i cittadini e, loro ascoltare in presa diretta le nostre opinioni che possono anche essere divergenti rispetto alle loro idee.

    Tutto ciò premesso, spero non me ne voglia l’amico Vullo.
    Per rispondere all’articolo del nostro amico Fabrizio, ritengo che le generazioni di oggi devono lottare ogni giorno contro diversi fattori che rendono sempre più difficili le loro condizioni sociali.
    Si nota un disagio tra i giovani, che purtroppo stenta a scomparire per un semplice motivo: MANCA UNA CLASSE POLITICA DIRIGENTE CAPACE ED AFFIDABILE.
    Le istituzioni appaiono ai giovani distanti ed incapaci di risolvere i problemi, tutto questo porta ad una triste e drammatica decisione: il distaccamento dalla vita politica quotidiana.
    Oggi possiamo evidenziare come le attuali condizioni di vita possano influire l’atteggiamento dei giovani rispetto alla politica, in passato il giovane aveva un’ impegno civile e di contestazione, attualmente e totalmente disinteressato, luogo comune è “i politici sono tutti uguali, ladri e corrotti” ed invece così non è.
    Negli anni 60/70 lo strumento per partecipare alla vita del paese, erano i partiti, a cui i giovani si avvicinavano attraverso le sezioni e dei partiti le università; luoghi dove si discuteva, si formavano le idee, ci si confrontava, si cresceva, si selezionavano i dirigenti del futuro. Da D’Alema, Casini, Fini e molti degli attuali politici nazionali si sono formati in quegli anni nelle organizzazioni giovanili.
    Le promesse non mantenute, gli scandali, l’opportunismo, queste sono le ragioni per la quale regna lo scetticismo tra le nuove generazioni che sono diventate il soggetto escluso dalla politica
    DEVONO ESSSERE I GIOVANI A CAMBIARE LA POLITICA
    NON LA POLITICA A CAMBIARE I GIOVANI.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma naturalmente, hai ragione Luigi, la mia era un'iperbole, esagerazione,amore del paradosso. Infatti il primo, Ferrandelli si offenderà di fare il testimonial a chicchessia... è troppo intelligente.

      Elimina
  4. Belle parole Fabrizio alle quali, però, non posso non commentare.
    1 Leggendo l’articolo mi è subito venuto in mente di suggerirti un approfondimento (un allargamento della visuale) della Polis palermitana, cogliere sì le reali esigenze dell'elettorato, giovane e meno giovane, ma completarlo con la conoscenza delle lobby transfrontaliere e la possibilità di creare “rete”. Lobby, Politica e Potere sono parole sputtanatissime ma di grandissima utilità per chi vuole essere di aiuto al proprio Popolo in maniera concreta.
    2 In un "pensatoio" (o think tank come amano definirlo gli anglosassoni) non possiamo parlare di quesiti referendari senza sottolinearne l'assoluta inutilità da un punto di vista legislativo anche se di grande utilità in termini di consenso verso alcune nicchie elettorali e di operazioni lobbistico-economico-finanziario di caratura internazionale. In effetti, dovremmo parlarne ma in maniera concreta magari realizzando vari forum cominciando con il distinguere ad esempio il servizio idrico integrato dal bene acqua e non manca a Giangiuseppe di realizzare un incontro con questa finalità... per non parlare del Nucleare… ti dice nulla il fatto che tra i paesi più industrializzati senza centrali gli unici siano proprio Portogallo, Grecia, Irlanda e Italia? E il corridoio Palermo-Berlino… sostituito dal corridoio Helsinki-La Valletta che da Napoli vira verso la puglia di Nichi e addio al sud per non fare il ponte?
    3 Non possiamo "Ripensare il ruolo" dei giovani (quelli cresciuti nel benessere degli anni novanta, quelli dei cinepanettoni... rimbecilliti dai videogame e da genitori strafottenti e "bummiati" degli anni settanta) quando famiglia e scuola sono incapaci di produrre “cittadini adeguati” e per adeguati intendo che abbiano le qualità per competere con un mercato del lavoro “internazionale” fatto non solo di badanti dell’Est e cuochi maghrebini, ma da professionisti nelle varie discipline di origine asiatica che sanno come sia difficile la “vita”, il significato della parola “Lavoro” (a differenza di qui dove la gente, ancora oggi va in pensione a 47 anni) e soprattutto hanno “Studiato” e minimo conoscono due-tre lingue più l’Italiano se vivono in Italia.
    Sono d’accordo con te possiamo (DOBBIAMO) “ridargli senso” con la cosa che più fa leva nei bambini-ragazzi quindi giovani… si chiama ESEMPIO.
    E’ risaputo che i genitori trasferiscono educazione, volontà, rispetto per l’ambiente che li circonda, ai propri figli insegnando loro come procedere nella crescita. Si comincia con la costruzione della “Morale” per arrivare a come “condurre” una macchina e un rapporto di coppia… e quindi via fuori dal nido. In questa “Formazione” il ruolo dei Genitori, della Scuola e della Politica è di riuscire a dare il Buon Esempio.
    Riepilogando e sintetizzando il tuo e il mio intervento, per raggiungere quegli obiettivi di reale cambiamento della Polis bisogna pensare a due temi in maniera contemporanea: educazione e sensibilizzazione verso sani comportamenti nei bambini e rinnovare (nel “pensiero” non solo nell’età) la classe dirigente delle nostre città con persone capaci di competere con le reti europee ma soprattutto capaci di dare una svolta concreta a questo fallato sistema ricostruendo un sistema sano
    Quanta gente conosciamo capace di sacrificare la propria vita per darne una migliore ai figli?
    L’evoluzione o l’involuzione di una civiltà si misura anche con questo parametro.
    Ciao a presto

    RispondiElimina
  5. Oggi manca una vera educazione alla sana politica e principalmente al comportamento corretto. Ricordate l'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole dell'obbligo a partire dalle elementari? Si discute se introdurre di nuovo questa materia. Tuttavia il problema sta a monte. Si chiacchiera tanto, si scrive anchre di più, ma si conclude poco. La confusione regna sovrana, specialmente a livello scolastico. Il vero progresso di una nazione si calcola sulla base del livello di istruzione della popolazione. Un tempo la scuola italiana era anche all'estero un esempio da seguire. Oggi è un modello da dimenticare. Cosa è successo? Si affastellano senza un'organica pianificazione, programmi ministeriali insostenibili. E si parla, si parla, si progetta di introdurre l'educazione sessuale, l'educazione ambientale, l'educazione alimentare, l'educazione stradale e molto altro. Senza inutili rimpianti nostalgici dei tempi andati, bisogna ricominciare dalle fondamenta. Ben venga l'educazione civica, ponendo alla base il senso civico, come premessa comportamentale, psicologica, sociale, che diventa stile di vita e non solo un apprendimento superficiale. Bisogna educare cambiando il convincimento diffuso nella società attuale che sono i diritti a creare i doveri, quando è esattamente il contrario. Si devono formare cittadini con la consapevolezza che, osservando le leggi scritte e non scritte, si possono rivendicare, a ragione, i diritti derivati da questa osservanza.
    Nella scuola l'allievo pretende di apprendere, ma nello stesso tempo deve prepararsi. Il docente è tenuto a compiere interamente il suo dovere, ma l'alunno deve fare la sua parte. E' un dovere reciproco. Non basta lamentarsi formulando l'esigenza di avere una società migliore, occorre costruirla in prima linea cercando di sdradicare quell'atteggiamento incosciente di certi genitori che, giustificano il bullismo dei propri figli sono soliti dire: “Sono ragazzi!”
    Bisogna ricominciare da zero spiegando che il cittadino, onesto contribuente, cioè che paga le tasse, (dovere), ha diritto al rispetto della cosa pubblica.
    La verità è che non siamo più abituati alle parole Legge, Stato, Cittadino. Occorrono allora messaggi chiari e forti, proposti con competenza e forza persuasiva, senza tanti inutili fronzoli di parole vuote. Si tratta di regole semplici. I giovani vogliono essere educati ad essere normali perché obbedienti alle leggi, e non eccezionali perché praticano il rispetto delle regole.
    Educazione civica è chiarire l'equivoco, ormai radicato nella mente di certa gioventù, e non solo, che si giustifica con il “così fan tutti”.
    Bisogna additare quella gente per bene, spesso taciturna e schiva, che non ama mettersi in mostra, ma che esiste e va aiutata e valorizzata. Educazione civica significa non declamazione di parole solenni quali Giustizia, moralità, politica, ma azioni di buona e diffusa correttezza, agendo con severità contro i furbi, i violenti, i raccomandati, i privilegiati, gli arroganti.
    Se poi gli adulti, in veste di educatori, diventassero anche modelli credibili, senza autocelebrazione, sarebbe più facile, per questi giovani, essere civilmente educati.
    Si devono impartire meno lezioni, risparmiare parole e adottare più comportamenti civili. La formula è semplice.

    RispondiElimina
  6. "Devono essere i giovani a cambiare la politica non la politica a cambiare i giovani"
    I giovani sono la linfa del futuro ma devono avere idee chiare e voglia di fare, cosa che è rara in questo momento. Noi tutti sollecitiamo i nostri giovani alla partecipazione se non diretta almeno dibattimentale con proposte nuove, qualcuno dopo vari tentativi comincia a farlo.
    Ma consentitemi una piccola riflessione privata; quanti giovani, di età anagrafica, si occupano ormai da anni di politica (sono giovani?)? E quanti vecchi, sempre anagraficamente parlando, non avendo mai avuto ruoli politici hanno, oggi, idee fresche da attuare (sono vecchi?)?
    E' una riflessione che porto a tutti gli amici del Blog sulla quale mi piacerebbe sentire le opinioni di tutti.
    Un piccolo aneddoto; quando ero giovane e pieno di entusiasmo mi dissero che ero troppo giovane per fare politica e che dovevo accumulare esperienza... !!!
    Oggi sono vecchio e l'esperienza maturata è obsoleta, ma secondo voi sono stato giovane o sono diventato vecchio?
    Sono stato proprio sfortunato il periodo giusto per me non c'è mai stato.
    Comunque largo ai giovani, riponiamo in loro tutta la nostra fiducia.

    RispondiElimina
  7. I giovani si sentono rìcordati solo in campagna elettorale, aspetto questo che non crea alcuna passione per la politica e alimenta l insofferenza per l incapacità di azione dei politici; Nell ultimo decennio le iniziative governative a "favore" hanno prodotto solo incertezza e precariato.
    I giovani che tentano di accostarsi alla vita politica sono così pochi e scarsamente considerati da formare una classe presocchè inesiste
    nte, raramente ascoltata...
    Lei, sig. ferrandelli, giovane anagraficamente ma forse troppo vecchio politicamente, sicuramente consapevole della difficile situazione in cui versa la sicilia, la sua scelta di candindarsi non puo che rispecchiare la convinzione di avere la capacità di migliorarla. Qualora nel corso del suo mandato non ci fossero dei miglioramenti per la nostra terra, se la sente, insieme al candidato alla carià di presidente, di assumersi l obbligo morale di ammettere il suo fallimento e non dare la colpa ai governi precedenti?

    RispondiElimina
  8. ... C’è sempre stato il problema dei giovani. E adesso ancora di più. Ma sempre c’è chi dice che non hanno voglia, sono distratti, in fondo stanno bene, hanno la copertura delle famiglie, dei nonni. Pensano ad altro, a divertirsi, e ritengono la politica e l’impegno una perdita di tempo. La verità è, innegabilmente, che manca la consapevolezza del ruolo fondamentale che hanno nella società, in questa e in qualsiasi altra. Manca la voglia di crescere, la voglia di contribuire al cambiamento e di combattere per attuarlo. Non c’è scampo, la vita non prevede vuoti, la società non prevede spazi di attesa, la politica non aspetta. Gli spazi lasciati liberi vengono immediatamente riempiti da altri, il non impegno di tanti viene immediatamente sostituito da tanti altri. Insomma, il rifiuto della politica di tantissimi giovani non fa altro che ritorcersi contro. L’assenza, voluta e continuata, è sempre una colpa grave! (...continua)

    RispondiElimina
  9. Sicuramente Fabrizio e gli altri amici commentatori di questo blog troveranno le mie parole troppo caustiche e pessimiste.
    Ma,considerato che mia figlia di 18 anni (da anni militante impegnata nel movimento studentesco civile e politico), adesso, a poco più di un mese dal conseguimento del diploma classico, ha deciso e voluto caparbiamente (contro tutti i nostri ragionamenti dissuasivi)di tentare l'iscrizione alla facoltà di medicina di Pavia da subito, di trasferirsi definitivamente là, di essere disponibile anche ad alternare lo studio con qualche lavoretto part time in un pub o simili, di astenersi dal voto per le regionali perchè disgustata , insomma di fuggire, subito e senza se e senza ma da questa terra irredimibile, inconcludente e largamente corrotta e stracciona "mentale", allora capirete che io, come padre e siciliano, adesso ho una lettura diversa di tutto quello che gli amici avete detto.
    Intanto, ho dovuto ammettere con me stesso che ho raccolto ciò che ho seminato, vale a dire se a mia figlia da quando è nata gli ho sempre spiegato e testimoniato che si deve vivere con il massimo di onestà, laboriosità e solidarietà, se ogni anno l'ho portata in giro per l'europa per fargli constatare che quel modo di vivere esiste per davvero ed è "consolidato" da tempo immemore mentre a Palermo e in Sicilia è "sbeffeggiato" e "demolito" dai nostri governanti e dallo stuolo sterminato di elettori e cittadini consenzienti,ebbene: come potevo "seriamente" opporre alla sua determinata e consapevole decisione di mandare a quel paese Palermo e la Sicilia, incapace e riottosa a qualsiasi pur minimo cambiamento reale, di elaborare e realizzare un progetto di rinnovamento sociale concreto, di dare speranza attendibile ai giovani, di smetterla di fare una "Sicilia nuova" con le chiacchere e con gli "sculettamenti" vari dei distinguo verbosi e delle transumanze partitiche e di casacca?
    Mia figlia,a soli 18 anni, se ne và via, triste ma consapevole per avere assistito sistematicamente alle sconfitte mie con gli adulti e sue con i giovani coetanei di tutte le battaglie civili e politiche combattutte insieme.
    Alla fine, anch'io, triste e consapevole, ho ceudto. Gli ho dato ragione perchè ha ragione, ed ha ragione perchè sa che il suo futuro può costruirselo soltanto il più lontano possibile da questa terra che ormai è diventata perfino enigmatica, cioè : la Sicilia vuole sopravvivere sì o no?La risposta è proprio no.
    E allora vi dico: se mia figlia partirà domani, anch'io me ne andrò via, se non dopodomani magari qualche tempo dopo, ma me ne andrò anch'io. Non ho intenzione di farmi seppellire quì per farmi scrivere sulla lapide "Lotto come un leone, ma morì come un coglione".

    RispondiElimina
  10. Pasquale caro, ho letto il tuo commento ed il tuo sconforto e non posso far finta di niente. Le tue osservazioni mi sollevano delle risonanze emotive, perciò ti do la mia solidarietà. Infatti i problemi dei tuoi figli sono anche i nostri. Ti voglio raccontare la mia storia (in parte) riguardo ad essi, anche se ho una certa ritrosia a lavare i panni sporchi in pubblico. Però siccome i fatti privati riguardano una intera generazione di giovani, il problema diventa pubblico sociale e politico. Dunque io ho un figlio di 25 anni che dopo avere frequentato un famoso tirocinio formativo di sei mesi, è rimasto fuori mentre i raccomandati sono stati assunti. Mio figlio resosi conto e nauseato per il malaffare politico, mi disse papà vado a fare il lavapiatti a Roma e non tornerò più. Ebbene mio figlio è tre anni che è andato via (adesso ha 25 anni), da lavapiatti e diventato direttore in un centro commerciale è andato a convivere con una ragazza romana, dalla quale aspetta un figlio. A Palermo ho altri 2 figli che mi tengono attaccato "alla sporca città" ed "alla bionda normanna" (mia moglie" in uno stato di odio amore. Mia figlia "logopedista", ha un bel mestiere, infatti lavora anche a Palermo, ma siccome non si fida, ha fatto un concorso al San Raffaele di Roma, se lo vince... nulla mi tratterrà dallo stare in questo letamaio (soprattutto morale), facendo naturalmente le debite eccezioni. Mi fermo qui, anche se ne avrei ancora da raccontare. Quindi amico mio...se il proverbio dice "mal comune mezzo gaudio", hai di che consolarti. Auguri.

    RispondiElimina
  11. Caro, anzi, Carissimo Pino, grazie!
    Mi consolano moltissimo le tue osservazioni, perché mi dimostrano che la nostra condivisione di parecchi ragionamenti e sentimenti, svolti insieme da parecchi mesi ormai, non solo sono forti, ma vanno facilmente oltre ogni banalità.
    Riguardo all'accenno che tu facevi sull'opportunità o meno di "lavare i panni sporchi in famiglia", alludendo con questo al dovere del pudore o dell'opportunità di raccontare pubblicamente qualche fatto o esperienza personale e familiare molto forte, devo dirti francamente che, soprattutto oggi, in presenza cioè di una "putrefazione" inarrestabile della società contemporanea, ma della necessità ed insieme della incapacità "collettiva" di disegnare un nuovo modello sociale , semplice e sostenibile, e di attuarlo immediatamente, fa si che "forse", persone come noi ed altri, hanno il dovere, di tanto in tanto, tra un ragionamento ed una analisi, quello di "tirare a terra per i piedi" quanti hanno "paura" o "vergogna" di raccontare, cioè di socializzare, qualche loro "panno sporco" che è il "vero movente" di alcune loro veementi denunce del cattivo andamento della nostra politica, soprattutto.
    Insomma, non mi vergogno affatto di umanizzare il dibattito che giornalmente conduciamo per un ritorno del primato della politica in questo paese, mediante anche l'accenno a qualche fatto personale.
    Chiudo. In definitiva, ho voluto dire che forse i nostri giovani oggi, non sono insensibili all'impegno o ai nostri discorsi, ma sanno per certo che il loro futuro non glielo garantisce né la politica (perché non esiste più) né i nostri consigli (perché nascono dal nostro amore per loro ma anche da una nostra esperienza inadeguata al cinismo odierno). Sanno che la loro sopravvivenza si trova il più lontano possibile da noi e dalla nostra isola.
    Amen.

    RispondiElimina
  12. Se uno è pessimista scrivendo da pessimista e vivendo da pessimista in una terra "pessima" come può minimamente sperare che un figlio voglia vivere in questa terra? ...

    Lo sapete di dov'è il direttore generale del centro commerciale Forum? ... Portoghese e allora?

    Sapete quanta gente non siciliana lavora in Sicilia? Quindi?

    Se uno fa studiare il figlio da Notaio in attesa che si possa aprire uno studio in Sicilia capirà che le probabilità che ci riesca non sono elevate... se magari si cominciasse a pensare ad aumentare il PIL Siciliano con idee innovative non sarebbe male, pensare come migliorare questa terra vedi articolo sull'agricoltura invece di aspettare la "beneficenza" dell'onorevole Romano... a proposito chi sono questi "raccomandati"? Se non valgono e il loro merito è la sottomissione al politico di turno sputtaniamoli senza aspettare grilli e grilletti... facciamo i nomi...

    PS
    Chi parla è uno che ha lavorato a Roma per diversi anni senza mai dimenticare la sua terra e con la volontà di cambiarla. Sulla mia tomba come epitaffio potrebbero scrivere:

    Visse fino all'ultimo in questa terra da coglione ma lottando affinché migliorasse. Nella speranza di aver contribuito positivamente così spirò!

    RispondiElimina
  13. Caro Carmelo, grazie per il tuo commento.
    Io, in fondo in fondo, non sono mai stato pessimista, ma mi è sempre stato naturale essere il più realistico possibile, magari fino al cinismo o alla asetticità più fredda.
    Perché?
    Ma perché ho sempre pensato che la realtà va vista in faccia per quale essa è, non con gli occhiali dell'ottimismo o, peggio, ancora con quello dei desideri.
    E un siffatto modo di pensare ed analizzare, quasi scientifico, porta a registrare che alle premesse di buoni propositi ed impegni, spessissimo seguono delle sconfitte, più o meno prevedibili.
    Ritengo una sconfitta cocente, non so quanto più o meno prevedibile, che un giovane (l'esempio di mia figlia è uno dei tanti che ho voluto citare), pur amando la sua terra ed avendo convintamente fatto le sue battaglie civili per migliorarla, decida di gettare la spugna e di andarsene.
    Ho sentito alla radio un paio di giorni fa che almeno un 20% di giovani lasciano l’Italia per lavoro. Questa percentuale è molto simile a quella dei loro bisnonni nel primo novecento.
    E allora, se il presente che diamo ai nostri giovani è quello dei lori bisnonni di un secolo addietro, mi chiedo: ma di che stiamo parlando? Quando, come e con chi riusciremo a realizzare davvero certezze per i giovani?
    Penso che le soluzioni non siamo l'acquisto illimitato dei BTP italiani da parte della BCE, né l'elevazione del limite pensionistico a 67 anni (in attesa di portarlo a 70), né certi tagli (vedi lavoratori privati e pubblici)delle spesa pubblica tecnici e lineari (senza umanità), né consentire l'apertura di imprese (ma di chè) con il capitale di 1 euro, né gli test di ammissione all'università a numero chiuso, etc...
    Una politica per i giovani , forse, dovrebbero farla i giovani; noi "vecchiotti" cittadini e politici dovremmo chiedere a loro cosa fare per loro, prenderne nota, e scriverlo in leggi di facile ed immediata applicazione.

    RispondiElimina