sabato 24 giugno 2023

IL RAPPORTO TRA ECONOMIA E POLITICA

di Daniele Romito - In Italia, la supremazia della politica sull’economia è venuta meno a causa del succedersi, nell’ultimo decennio di due cosiddetti “Governi tecnici”. Faccio riferimento ai Governi “Monti” e “Draghi”, espressione questa che contraddice l’essenza stessa della politica, dal momento che i Governi almeno, in linea teorica dovrebbero determinarli le elezioni e non accordi politici che poi alla fine della fiera non accontentano nessuno. Specie quello guidato da Mario Monti ha attuato misure lacrime e sangue. Pensiamo alla famigerata riforma “Fornero”, che ha generato il fenomeno dei cosiddetti “esodati”, e alle restanti misure di austerity messe in atto da quel governo.

Provvedimenti imposti all’Italia dall’Unione europea, la quale Unione si basa su stringenti regole di natura economica, prim’ancora che politica. L’eccessiva subordinazione e osservanza delle regole imposte dall’Ue, ha caratterizzato seppur con delle lievi sfumature i governi successivi, pensiamo a quello presieduto da Enrico Letta e quello di Paolo Gentiloni.

Quei governi avevano barattato la possibilità di fare deficit con un atteggiamento clemente e indulgente nei confronti del fenomeno migratorio.

Il rapporto tra potere economico e quello politico poteva modificarsi durante l’esperienza del Governo “gialloverde”, per via della presenza in quella compagine politica di due movimenti, quali la Lega e il Movimento 5 stelle, considerati fino a quel momento partiti “antisistema” e caratterizzati entrambi da una posizione abbastanza critica rispetto alle politiche intraprese dall’Unione europea. Pensiamo alla proposta di quell’esecutivo di sforare i parametri europei attinenti la finanza pubblica. Ma poi quella proposta al quanto ideale quanto irrealistica, non si attuò e con la caduta di quell’esecutivo non continuò.

Particolare attenzione, parlando del tema in oggetto, ovvero la relazione tra politica ed economia merita l’approfondimento più o meno analitico della struttura dell’Unione europea, la quale è ancora di natura prettamente economica e non anche politica. Pensiamo al fatto che la stessa non abbia un esercito comune, un’unione bancaria caratterizzata dalla presenza di un unico titolo di stato, da una linea politica che diverga dal suo alleato principale se non unico, per l’appunto gli Stati Uniti d’America, insomma tale aggregazione di Stati non si è ancora data una propria e soprattutto autonoma fisionomia a livello internazionale.

Un altro aspetto merita attenzione: la debolezza dei partiti politici e le compagini variopinte. Che hanno, in particolare, caratterizzato l’esperienza del Governo Draghi, l’esecutivo dei cosiddetti “migliori” sostenuto da tutti i partiti presenti nell’arco parlamentare, dal PD alla Lega nord di Matteo Salvini, passando per il movimento 5 Stelle. Insomma un vero e proprio minestrone politico. L’unico partito rimasto fuori è stato quello guidato da Giorgia Meloni, che tuttavia ha condiviso molti punti dell’“Agenda Draghi”, a partire dallo stenuo sostegno militare e politico all’Ucraina.

Nell’ultimo decennio dunque la politica ha arretrato in favore dell’economia e tutto ciò ha fatto sì che venissero trascurati temi quali quello di un’equa distribuzione della ricchezza, un serio contrasto alla povertà, problematiche queste di natura prettamente politica. E prim’ancora quella che è venuta meno è stata la credibilità dei politici, visto l’emergere delle maggioranze composite. Tale fenomeno ha fatto si che le legislature continuassero sebbene gli elettori non avessero condiviso quelle scelte prese nelle segrete stanze.

La debolezza della politica si manifesta soprattutto nel fatto che alle elezioni politiche del settembre 2022 scorso sia andato a votare solamente il 46% degli elettori, ovvero meno di un italiano su due. E questo è un problema grave che purtroppo affligge il nostro sistema politico. Gli elettori si sentono trascurati e il più delle volte presi in giro da candidati che in campagna elettorale promettono alcune cose e poi una volta arrivati al Governo del Paese ne fanno altre, pensiamo alle promesse di blocco navale e della flat tax da parte del cosiddetto centrodestra attualmente al governo del Paese.

Un’altra questione è rappresentata dallo strapotere delle agenzie di rating nella determinazione delle scelte economiche, il più delle volte di austerity, intraprese da molti Paesi tra cui il nostro. Ormai è l’indice dello spread che condiziona le scelte di politica economica.

Di fronte a questo scenario tuttavia è possibile una reazione da parte della politica. Un ritorno del “ruggito” della Politica. Necessitano infatti uomini e donne di carattere, in grado di controllare e tornare a determinare le scelte politiche dei singoli stati, di politici di parola che promettono una cosa e che cercano di realizzarla una volta arrivati al Governo. Tutto ciò è importante, anzi fondamentale. Solo così la Politica può ritornare ad appropriarsi del ruolo che le spetta.

Daniele Romito

24 Giugno 2023

4 commenti:

  1. Non nell'ultimo decennio, nell'ultimo trentennio, la politica é diventata l'ancella dell'economia.

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  2. Forse la caduta voluta, della prima repubblica, può essere considerata una datazione, palese, del sopravvento della economia e finanza sulla politica.

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  3. Non condivido la provincializzazione del problema: la politica mondiale è sottomessa all'economia, con la sola parziale eccezione della Cina. La globalizzazione senza regole che sta determinando enormi concentrazioni di ricchezza, è stata imposta dalle oligarchie finanziarie e accettata supinamente dalle classi politiche. La stessa deriva delle istituzioni europee che hanno perso ogni progettualità risente di quest'andazzo. La maggior parte dei leader europei a fine mandato o anche prima, vanno a foglio paga delle banche d'affari, come ricompensa per il servizio svolto. Oppure fanno conferenze inutili ma pagate profumatamente. In America tutti i Presidenti sono espressione delle lobby delle armi. La politica è morta e sepolta dovunque.

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  4. Comque và detto che con i suoi due governi di segno opposto non ha cambiato la riforma pensionistica della Fornero né la riforma del mercato del lavoro di Renzi meno che mai a rivisitato il titolo V°della Costituzione che di fatto ha ulteriormente ampliato il divario Nird-Sud e dato alle Regioni un enorme potere avuto riguardo alla Sanità e al lavoro.Minando di fatto quella unità nazionale tanto decantata.Oggi l'autonomia differenziata è frutto di queste scelleratezze.Il tutto per mediare con la lega di Bossi prima di Salvini oggi con cui Conte ha fatto il suo primo governo.

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