lunedì 19 novembre 2012

CROCETTA PRESIDENTE A DIFESA DELL’AUTONOMIA

Anniversario-Autonomia-Sicilianadi Ignazio Coppola - Se il buon giorno si vede dal mattino le convinte e significative affermazioni del presidente Crocetta sulla salvaguardia dello statuto e sulla difesa dell'autonomia dagli attacchi concentrici di questi ultimi tempi
vanno accolte dai siciliani con tanta speranza e per questo inducono ad un augurale ottimismo.
Non a caso, il neo presidente ha voluto ufficializzare il suo insediamento nella sede della biblioteca regionale di Palermo: lo stesso edificio in cui, esattamente 200 anni fa, fu approvata la costituzione siciliana del 1812, primo esempio italiano di statuto elaborato da una assemblea costituente e che si può, a buon diritto, definire come il primo contributo italiano allo stato moderno con l'affermazione di quei capisaldi giuridici rispettosi dei principi di democrazia e di libertà.
Una costituzione che aboliva i privilegi feudali e di “vassallaggio”. Un messaggio significativo quello che ha voluto dare il neo presidente rivendicando, in quel luogo dove sorse la costituzione siciliana del 1812, la difesa dello statuto siciliano e dell'autonomia regionale. Dimostrando di volersi affrancare dal “vassallaggio” che ha contraddistinto i precedenti governi, disattendendo di fatto lo statuto siciliano e tradendo l’autonomia, nei confronti del potere centrale. E proprio per non essere "centrodipendenti" è auspicabile che il presidente Crocetta rinunci per l’avvenire, alle sue puntate nella capitale (risparmiando così, in un clima di austerità, anche i soldi del viaggio) per concordare in piena autonomia a Palermo dove sarebbe più giusto ed opportuno e non a Roma i nuovi assetti del governo regionale.
Se come dice di volere dare ai siciliani forti segnali di discontinuità con il passato di dipendenza dal potere centrale, questa è una buona occasione, sia coerente e faccia come Ulisse si tappi le orecchie ai canti di quelle sirene romane che gli suggeriscono o sarebbe meglio dire gli vorrebbero imporre, come assessore all’economia, il nome dell'ex funzionaria della Banca d'Italia Paola Casavola. TrischeleGuardi in piena autonomia in Sicilia in casa propria, presidente ci sono tanti esperti e conoscitori di economia di provata esperienza e professionalità e lo hanno dimostrato in più occasioni sul campo e che non hanno niente da invidiare agli economisti della Bocconi o pseudo tali, con l’aggiunta dell’etichetta d.o.c. di essere genuini siciliani
Viceversa correremmo il rischio ed è questo il tentativo del governo centrale e delle forze politiche nazionali di commissariare la Sicilia dal punto di vista economico imponendo di fatto, con soluzioni interessate, pasticciate ed esterne, le proprie scelte. Di tutto questo ci auguriamo che il presidente
Crocetta ne abbia piena consapevolezza e ne prenda atto traendone le debite conseguenze ed il discorso pronunciato alla biblioteca di Palermo è auspicabile vada interpretato auguralmente in questa direzione.
Il messaggio simbolico che è venuto, infatti, all’atto del suo insediamento nell’aula della biblioteca regionale e che si coglie dall’accorato appello del nuovo presidente della Regione è apparso all’auditorio forte e chiaro. Un po' meno forte e chiaro è apparso viceversa ad una parte di certa stampa di regime presente che lo ha deliberatamente e, nei confronti dei propri lettori, scorrettamente ignorato non riportandolo nei propri resoconti e rendendosi così deliberatamente complice di quei detrattori e nemici dell’autonomia che in questi ultimi tempi come Francesco Merlo, Nino Sunseri e molti altri hanno fatto a gara, funzionali ai disegni di quei poteri forti negatori delle autonomie regionali e delle sovranità nazionali, nel calpestare lo Statuto e nel mortificare l’Autonomia Siciliana.
I cani abbaiano alla luna e la carovana (dei sostenitori dello statuto e dell’autonomia) passa. Sic stantibus rebus, vada avanti presidente, i siciliani, raccomandandole di non fare molti viaggi a Roma, sono con Lei.

Ignazio-Coppola  IGNAZIO COPPOLA
  19 novembre 2012

8 commenti:

  1. Ammiro il romanticismo ed il fervore con cui Ignazio Coppola difende lo statuto siciliano. Ma paradossale è il fatto che debba essere proprio io il primo a commentare il suo appassionato articolo. Paradossale nel senso che io sono uno di quei siciliani che non crede più in questo istituto, e non credo più neanche nelle regioni ed altri enti locali come province, quartieri e comunità montane. Tutti questi livelli di governo non ce li possiamo più permettere perchè inutili centri di spesa, sperperatori di denaro pubblico ed al massimo utili ai politici ed ai loro amici per occupare poltrone e coltivare clientele. Ma poi che senso ha oggi...dove si affievolisce persino il concetto di nazione, nel senso che se si vuole veramente l'unione europea non solo nel mercato, e nelle istituzioni finanziarie ma soprattutto nell'unione politica, bisogna cedere sovranità alle istituzioni europee? In conseguenza di ciò l'istituto autonomistico sembra obsoleto e mal sopportato dai non siciliani, soprattutto per lo scempio che è stato fatto delle risorse trasferite da roma e dall'europa ed andate a beneficio della casta politico-burocratica se non del malaffare affaristico-mafioso? D'altronde l'unica cosa che io ed altri siciliani abbiamo capito dell'autonomia che cosa è ? Che la sicilia ha avuto una grande opportunità storica di ritornare ad essere una nazione con l'istituto autonomistico inserito in costituzione, dove il presidente della regione è virtualmente quasi un capo di stato, di fatto è un ministro della repubblica e che i suoi eletti si fanno chiamare onorevoli ed in conseguenza pretendono di essere equiparati anche economicamente ed anche più, ai massimi parametri del senato? A cosa è servita quasi sessant'anni di autonomia, se non come scudo rivendicazinista, parolaio ed assistenzialista di una malintesa autonomia? Bene hanno fatto perciò i ragazzi di cinquestelle a farsi chiamare solo portavoce dei cittadini e non più onorevoli! Dimmi Ignazio cosa hanno fatto di storico le istiutzioni autonomistiche per giustificare la loro presenza e sopravvivenza? Cosa hanno fatto per il territorio, per l'agricoltura, per l'industria, il turismo dal momento che i relativi assessori sono equiparati ai ministri? Perchè i vari dirigenti politici e burocratici super pagati non sanno neanche spendere i fondi europei? Perchè hanno prodotto tanti carrozzoni ed enti inutili creando migliaia di precari e non sono stati capaci di creare neanche un posto di lavoro produttivo? CMQ esprimendoti la mia simpatia a te ed al presidente Crocetta, affinchè il vostro impegno possa avere le migliori fortune, ti saluto cordialmente.

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  2. Ignazio Coppola mi mette in grande dificoltà. Come dice bene Pino Vullo, i suoi articoli sull'autonomia siciliana così appassionati, ben documentati e così sinceramente convinti che i siciliani sono (nel passato e nel presente) sempre "buoni e bastonati" , mentre tutto il male della storia è a "totale carico" di tutti in ostri dominatori di turno(Repubblica Italiana compresa), che mi viene un pò imbarazzante polemizzare con lui, persona che stimo profondamente per la simpatia umana e per la vasta cultura sull'argomento.
    Però, mi faccio forza e dico quello che penso, anche perchè tacermi o fare finta di condividere tutto sarebbe, quello sì, il comportamento più offensivo e ingiusto.
    Fin dai miei furori giovanili politici (al liceo in estate divoravo libri sulla storia della Sicilia) e universitari (ho studiato legge ed ho fatto perfino la tesi di laurea proprio in Diritto Pubblico Regionale)) sono stato per molti anni fermo e fiero sostenitore dela nostra autonomia.
    Ma da vent'anni, grosso modo dal 1992 ad oggi (stragi Falcone e Borsellino, mani pulite, maggioritario, 2.a Repubblica, elezione diretta di 2 Presidenti della Regione (uno in galera e l'altro sotto processo, etc...), mi è successo (direi a mia insaputa) qualcosa di simile ad una famosa battuta di Grillo: "non ce la faccio più".
    Lo Statuto speciale con la sua autonomia, ammesso e non concesso (perchè non è storicamente concedibile) che abbia avuto chiara origine e nascita (tuttora entrambe molto oscure discutibili), sono state (e lo sono ancora) uno strumento ed una opportunità usate "contro" la Sicilia con la volontà e la complicità dei siciliani "potenti". La prova definitiva e schiacciante di questa "tristissima verità" sono le montagne di carte giudiziarie nei tribunali dell'Isola e d'Italia, di "cambiali non pagate", di finanziamenti dilapidati (Cassa per il Mezzogiorno) o non spesi (Europei).
    E allora adesso basta. Guardiamo avanti, al nostro futuro e dei giovani, facciamo un plebiscito popolare per chiederne l'abolizione e liberiamoci da questa corda che "incapretta" la Sicilia onesta e laboriosa.
    Pur non di meno, siccome domenica u.s. ho ascoltato Crocetta in Tv dichiarare che per risollevare la Sicilia intende avvalersi di tutte le opportunità offerte dal nostro Statuto, e considerato che la situazione socio-economica attuale è la peggiore del dopoguerra (almeno), allora voglio concedere al nostro nuovo Presidente questa ultima possibilità di dimostrarne la validità e l'utilità. Ma aspetto solo per i famosi 100 giorni dalla sua elezione, poi mi auguro e auspico che non sia una Waterloo.

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    1. Sarà sicuramente una Waterloo, caro Sig. Nevone. Troppe dichiarazioni populiste da parte di un finto rivoluzionario. Una tigre di carta che come primo atto "concreto", per risollevare le sorti di questa terra, ha di fatto epurato tutta la struttura di informazione della Regione (Ufficio stampa), soltanto per fare posto ai propri accoliti. Alla faccia del rivoluzionario. Tristemente devo dire che si stava meglio quando si stava peggio. Questa terra, come diceva il grande Sciascia, è proprio irredimibile. Fortunati voi che ancora siete sognatori in una terra senza speranza e senza anima.....
      Robespierre

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  3. Mi permetto, con tutto il rispetto dovuto, di dissentire da quanto esposto dai Sigg.ri Vullo e Nevone sia nelle linee di principio che nel merito delle loro pur motivate e comprensibili argomentazioni.
    Il Sig. Vullo fra l'altro scrive: "Ma poi che senso ha oggi...dove si affievolisce persino il concetto di nazione, nel senso che se si vuole veramente l'unione europea non solo nel mercato, e nelle istituzioni finanziarie ma soprattutto nell'unione politica, bisogna cedere sovranità alle istituzioni europee?". Il punto è proprio questo: chi ha deciso che il "senso di nazione" si deve affievolire e che si deve assolutamente cedere la nostra sovranità in favore di una unione europea dei mercati e delle istituzioni finanziarie? Fra l'altro senza che nessuno si sia mai preso il disturbo di consultare i cittadini che, stando a quanto è scritto nella nostra Costituzione, sono (o dovrebbero essere) i soggetti sovrani del nostro stato? Gentili Sigg.ri, l'unità europea che si sta tentando molto maldestramente di costruire, non è scaturita da un naturale e spontaneo afflato di popoli amici e fratelli, ma dalle lobbies finanziarie di smisurati potentati economici; da logge più o meno segrete e da interessi che, certamente, nulla hanno a che fare con il benessere dei popoli e dei loro cittadini. Lobbies che, come i fatti stanno dimostrando in tutta Europa, si stanno traducendo in sacrifici sempre maggiori richiesti a quegli stessi cittadini che, a parole e falsamente, si dice di volere aiutare. L'interesse, come ormai moltissimi hanno compreso, è solo delle banche e dei poteri forti finanziari che stanno portando avanti i loro programmi passando sulle nostre vite e, sopratutto sul futuro dei nostri figli.
    Il Sig. Vullo prosegue poi lamentando, giustamente, che l'istituto autonomistico sembra obsoleto e mal sopportato dai non siciliani, soprattutto per lo scempio che è stato fatto. Non si può non concordare con questa affermazione ma mi si consenta di rilevare parimenti che, secondo questo assunto, visti gli esiti che hanno prodotto la nostra Costituzione e la nostra democrazia, dovremmo appunto chiedere l'abolizione della Costituzione e della democrazia. Il problema credo sia esattamente opposto: non si può condannare una istituzione sol perchè è stata mal gestita, anzi, delinquentemente gestita; vanno cambiati gli uomini che l'hanno gestita e carcare semmai e se possibile, di migliorare quel già tanto di buono che le nostre istituzioni - Costituzione e, appunto, Statuto - già contengono.
    Infine mi si consenta una notazione storica che, certamente, farà storcere il naso a qualcuno ma, se coloro che non condividerssero le mie prossime osservazioni, si prenderanno il disturbo di verificare la possibile veridicità di quanto andrò ad affermare, non potrà non convenirsi sulla fondatezza delle stesse. Chi conosce veramente la storia della cosiddetta unità d'Italia, come il caro amico Ignazio Coppola ben conosce, non potrà non rilevare una fortissima similitudine fra ciò che allora accadde e, soprattutto, sul come accadde, con quello che sta accadendo oggi. Allora in chiave nazionale; oggi in chiave europea. Allora ci tolsero la nostra storia, la nostra cultura, le nostre fabbriche e la nostra autonomia sull'altare dell'unità d'Italia; oggi ci stanno egualmente togliendo la nostra storia, la nostra cultura, le nostre fabbriche e la nostra autonomia sull'altare dell'unità europea. Se si scava a fondo sulle cause e soprattutto sugli artefici che determinarono l'unità di allora e le cause e gli artefici che stanno oggi tentando di determinare la cosiddetta unità europea, si troverà che cause ed artefici di allora e di oggi coincidono.
    Ben venga allora la difesa ad oltranza dello Statuto che, se ben gestito, potrà forse alleviare almeno in parte i disastri verso i quali noi e sopratutto i nostri figli ci stiamo dirigendo. A meno che non ci si voglia tutti risvegliare e guardare in faccia la realtà.

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  4. Qualche ulteriore precisazione per l’appassionato commento di Giovanni Maduli. La complessità delle argomentazioni richiederebbe una replica troppo estesa per un blog.
    Le limitazioni (fortissime) delle sovranità nazionali (pertanto anche Italiana) non sono (purtroppo) nostre libere opinioni, ma il frutto di reiterati trattati europei firmati e ratificati da anni (Maastricht e Lisbona, sconosciuti dalla stragrande maggioranza dei cittadini). L'idea di formare gli Stati Uniti d'Europa, pensata e perseguita dagli alleati vincitori della 2a guerra mondiale per evitare una nuova guerra in Europa, è sempre naufragata proprio per l'orgoglio delle nazionalità. Ma oggi la necessità di sopravvivere economicamente (cioè avere il pane per mangiare) di fronte all'aggressività mondiale delle tigri asiatiche, e adesso anche indiane e sudamericane, hanno imposto lo sgretolamento degli egoismi nazionali a favore delle Regioni. Non le sfuggirà, infatti, che, ad esempio, l’UE i finanziamenti li dà alle Regioni e non agli Stati. Gli USE, insomma, si faranno unendo le Regioni in cui si saranno diluite le nazioni (vedi URSS e Cecoslovacchia). Il famoso Patto di Stabilità ( ricordato da Padoa Schioppa, Tremonti, Monti e Draghi) è un vincolo europeo , nazionale e finalmente , dal 28 ottobre con Crocetta, anche in Sicilia.
    Statuto Siciliano e Costituzione, poi, non sono la stessa cosa. La Costituzione è la Carta Fondamentale dello Stato Italiano (quindi anche dei Siciliani). Invece lo Statuto non è una istituzione, è “soltanto” una legge costituzionale che ratifica (cioè prende atto) di ciò che hanno voluto e si sono dati da soli i siciliani. Insomma, la Repubblica nel 1947, per porre fine alla questione, è come se avesse detto “ …e va bè, ve lo dò stà autonomia basta che la smettete di rompere le scatole, cosicchè posso fare cose più serie come, ad es., ricostruire l’Italia”. Quindi, siamo solo noi siciliani a poter decidere quello che vogliamo fare (essere autonomi si o no?). Il Parlamento ratificherebbe qualunque decisione in merito prenderemmo (vedi riduzione dei deputati ARS da 90 a 70). Voglio dire che un popolo che ritiene di avere una storia gloriosa, di essere stato depredato e, pertanto, di volere essere padrone in casa sua “fà la rivoluzione per l’indipendenza fino all’ultimo uomo, non quattro scaramucce (sia pure sanguinose) per “fare la trattativa con lo Stato” per poi “stendere il cappello” per farsi dare dallo Stato i soldi per permettersi l’autonomia che da sola non può permettersi e che( sotto sotto) non vuole. Mi fermo qui.

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  5. Mi spiace nuovamente non potere condividere le sue argomentazioni.
    Preliminarmente mi permetto di evidenziare che i trattati cui lei fa riferimento, (Maastricht e Lisbona), non sono mai stati sottoposti al parere dei cittadini europei, come invece avrebbe dovuto essere in forza delle costituzioni dei vari paesi. Anzi, ad essere precisi, sono inizialmente stati presentati come “Costituzione europea” e quindi doverosamente sottoposti a referendum. A seguito delle sonore bocciature registratesi in tutti quei paesi dove era stata presentata, la stessa “Costituzione europea” è stata ripresentata semplicemente cambiandole il nome in “Trattato”. Essendo un trattato “non necessitava” di alcuna ratifica popolare attraverso un referendum, per cui è stato semplicemente imposto. In ogni caso, al di là di quanto sopra, resta il fatto che tali trattati, sono stati comunque imposti senza tenere in alcun conto il parere dei cittadini europei.
    Prosegue poi affermando che: “…la necessità di sopravvivere economicamente (cioè avere il pane per mangiare) di fronte all'aggressività mondiale delle tigri asiatiche, e adesso anche indiane e sudamericane, hanno imposto lo sgretolamento degli egoismi nazionali a favore delle Regioni”. Non credo che per affrontare “l’aggressività” mondiale delle tigri asiatiche etc., la via seguita, cioè quella di diminuire i salari e i diritti dei lavoratori occidentali per equipararli a quelli dei (poveri) lavoratori asiatici sia quella corretta. La via corretta sarebbe stata quella di “costringere” i paesi asiatici e gli altri ad adottare quei criteri di salvaguardia dei diritti, del reddito e del lavoro che hanno costituito per decenni uno dei caposaldi della civiltà occidentale. Quello cui lei fa riferimento quindi è, a ben vedere, soltanto la scusa, per altro ridicola, proposta dalle grandi lobbies internazionali per legittimare quella globalizzazione da esse stesse voluta e a loro esclusivo tornaconto.
    Successivamente lei afferma che “Statuto Siciliano e Costituzione, poi, non sono la stessa cosa. La Costituzione è la Carta Fondamentale dello Stato Italiano (quindi anche dei Siciliani). Invece lo Statuto non è una istituzione, è “soltanto” una legge costituzionale che ratifica (cioè prende atto) di ciò che hanno voluto e si sono dati da soli i siciliani.”. Mi spiace, ma non è esattamente così. Per come ben spiegato, ad esempio, nel bel libro di Massimo Costa “Lo Statuto Speciale della Regione Siciliana: Un’autonomia tradita?”, lo Statuto siciliano è stato approvato con regio decreto n. 455 del 15 maggio 1946 (sotto re Umberto II); al momento quindi dell’entrata in vigore della Costituzione italiana (1948), la Regione Siciliana esisteva già. Per quanto sopra la Sicilia è l’unica “Regione” ad essere nata durante il Regno d’Italia e quindi la nascente Repubblica non la istituisce ma la riconosce. Ne discende che l’Italia non ha potere originario di istituire o eventualmente abrogare l’Autonomia della Sicilia, ma soltanto di regolamentarla di comune accordo con la volontà del popolo siciliano. Con la legge istitutiva della Costituzione italiana, lo Statuto è stato poi riconosciuto ed assorbito dalla Costituzione divenendone parte integrante. Esasperando il concetto, potrebbe quindi dirsi che la Sicilia è, ex legis, una quasi nazione confederata con l’Italia.
    Segue…

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  6. Infine, in relazione al fatto che i siciliani avrebbero fatto soltanto “quattro scaramucce” solo per poi farsi dare dallo stato i soldi per permettersi l’autonomia, sottolineo che l’Autonomia, di fatto, non è quasi mai esistita (tranne che per qualche settore) a causa della mancata stesura dei regolamenti attuativi. Regolamenti che, bloccati sin dal nascere della repubblica, hanno impedito quella reale autonomia, soprattutto economica che, proprio in virtù dello Statuto, la Sicilia avrebbe potuto avere.
    A ben vedere quindi i limitati risultati derivanti oggi dall’applicazione dello Statuto Siciliano e dell’Autonomia siciliana, non possono addebitarsi allo strumento legislativo in sè (lo Statuto), bensì al pessimo uso che ne hanno fatto i nostri politici e, soprattutto, alla mancata sua piena attuazione.

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  7. Egregio Giovanni Maduli, non si faccio cruccio del doversi dispiacere di non condividere le mie argomentazioni. Nessun medico obbliga ognuno a "dover condividere" le argomentazioni degli altri. Questo lo fanno solo i dittatori o gli ignoranti prepotenti. Noi due, per nostra fortuna, credo o almeno spero non apparteniamo alle suddette categorie. Pertanto, ognuno di noi si tenga le proprie convinzioni e lasciamo "l'ardua sentenza" ai posteri.

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