martedì 4 novembre 2025

PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA. SI O NO?

di Giangiuseppe Gattuso - Esattamente 14 anni fa, su PoliticaPrima, questo blog, iniziavo una mia riflessione con queste parole (cliccare per aprire l'articolo)Lo dico subito e mi levo il pensiero. Sono favorevole alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina”, allora si parlava addirittura di finanziamenti cinesi. Effettivamente sono favorevole da quando se ne parla. Sarà perchè amo le opere ben fatte, amo moltissimo le realizzazioni frutto dell’ingegno umano, mi piace la bellezza che coniuga anche l’utilità, lo sviluppo e il progresso.

Ma dopo 14 lunghi anni, nulla di fronte all'eternità è vero, siamo quasi punto e accapo. Ed è bastata una decisione della Corte dei Conti, peraltro senza alcun valore sull’opera, e non potrebbe essere diversamente, ma soltanto sulla legittimità degli atti amministrativi che l'accompagnano per far scatenare l’inferno. Uno scontro tra forze politiche, intellettuali, economisti, scienziati, ambientalisti, difensori della natura, rappresentanti delle comunità locali che animano intere trasmissioni televisive, servizi giornalistici sulla carta stampata e chi ne ha più ne metta. Come scrivevo allora la letteratura sul Ponte è enorme. Ci sono pregiudiziali ideologiche, politiche e tecniche. E si passa con estrema facilità dal Ponte madre di tutti i mali, a rischio infiltrazioni mafiose e opera deturpante il contesto naturale effettivamente bellissimo ma anche delicato dal punto di vista sismico, al Ponte dei miracoli, fonte di sviluppo per Sicilia e Calabria e per il Paese intero.

Dal punto di vista politico la propaganda la fa da padrona. Il Governo attacca la Corte dei Conti, l’intera magistratura e chi esprime dubbi sull’utilità e fattibilità dell’opera. L’opposizione fa la sua parte e rivendica il diritto di contestare l’iniziativa del Governo ritenuta non prioritaria di fronte alle tantissime emergenze del Paese. La questione resta comunque molto delicata e restare sereni non è affatto facile. Ascoltare insigni studiosi esperti di ponti che pongono seri dubbi sulla effettiva fattibilità e resistenza del manufatto scatena qualche perplessità non foss'altro perché, semplicemente, finora un ponte a campata unica della medesima lunghezza non è stato mai realizzato. Dobbiamo fidarci delle esperienze, della tecnologia, dell’intelligenza e della capacità di superare i limiti che gli ingegneri e le imprese italiane hanno dimostrato in giro per il mondo. Andiamo avanti.

L’allarme scatenato dai governisti e da tanti pro pronte sulla cosiddetta bocciatura da parte della Corte dei Conti (che io non amo affatto proprio per essere incappato nelle sue potenti grinfie) non ha alcun senso. Così come gli attacchi contro gli ambientalisti o la “burocrazia” che servono soltanto a lordare le acque ed evitare il vero problema che nessuno è mai riuscito a risolvere tranne casi eccezionali, vedi la costruzione del nuovo ponte che ha sostituito il ponte Morandi dopo la tragedia che tutti conosciamo. 

La questione a cui mi riferisco riguarda le difficoltà nella realizzazione di infrastrutture, impianti, servizi, grandi e piccole opere pubbliche in tempi umani e ragionevoli in tutta Italia e a maggior ragione al Sud e in Sicilia. Un incantesimo diabolico che rende la realizzazione di opere anche banali ma oltremodo utili eventi da antologia che servono, anche quelli, per fini propagandistici. E mi riferisco a quell'infinito elenco di incompiute, a quelle realizzate male, a quelle necessarie ma nemmeno progettate e così via. Qualche rapido esempio che dovrebbe spingere tantissimi governanti e politici di ieri e di oggi a chiedere scusa e mortificarsi invece di cogliere anche la più piccola occasione per inaugurare qualcosa anche dopo avere atteso diversi decenni. Ridicoli. Per aprire la bretella di collegamento che consente l’ingresso a Brancaccio e al Centro Forum per chi arriva a Palermo, lato Catania, sono dovuti passare, da quando è stato immaginato, quasi 40 anni, una follia. Stessa storia per il raddoppio del famigerato Ponte Corleone, per chi non lo sapesse è sempre a Palermo e rappresenta l’unica fondamentale arteria, oltre quella che costeggia il mare ma di importanza sicuramente minore, e via d’ingresso e attraversamento della città in direzione aeroporto Falcone Borsellino e Trapani Mazara del Vallo. 

Stiamo parlando della circonvallazione che fa parte della strada europea E90, inadeguata da quando venne ideata e mai definitivamente completata, e che è diventata una trincea che spacca in due la “capitale” della Sicilia tra la parte che si affaccia sul mare e tutte le zone fortemente urbanizzate che si estendono verso l'interno. Lo sanno bene tutti quegli abitanti che devono attraversare i ridicoli ponti (io li definisco dei 7 nani) che collegano Corso Calatafimi dal mare a Monreale e via Pitrè fino a Boccadifalco. E così gli incroci di viale Lazio e Leonardo da Vinci sempre con la circonvallazione. Uno strazio che dovrebbe far arrossire urbanisti e tecnici. Oltre che gli amministratori succedutisi nei decenni. Altro esempio la diga Blufi mai completata dopo centinaia di milioni di euro spesi, l’ammodernamento della cosiddetta “veloce” Palermo Agrigento, un obbrobrio da far inorridire. Capitolo a parte meriterebbe lo scempio del Palazzetto dello Sport, sempre a Palermo, abbandonato dal 2008 e vandalizzato. Per chi volesse saperne di più di cliccare questo link che rimanda ad un mio articolo

Ma non posso dimenticare i lavori infiniti sulle autostrade, i restringimenti che causano code e disagi enormi. L’elenco è lungo, ci sono pubblicazioni che raccolgono questa storia vergognosa tutta siciliana colpevolmente dimenticata proprio da chi ha le maggiori responsabilità e che adesso si riempie la bocca per le difficoltà dell’iter burocratico-amministrativo del più famoso Ponte sullo Stretto di Messina. Che quelli di una certa età difficilmente vedremo mai.
Io sarei felice se si mettesse mano sul serio ai meccanismi amministrativi e decisionali che consentirebbero di realizzare le infrastrutture e ciò che serve in tempi rapidi. Questo sì sarebbe un vero successo per tutti. La speranza è l’ultima a morire.

Giangiuseppe Gattuso

04 novembre 2025

3 commenti:

  1. Ammesso e non concesso che il ponte, oltre che essere un'opera faraonica, sia un'opera utile, mi domando: a chi sarebbe util questa opera , visto che congiungerebbe due territori senza economia competitiva e senza sviluppo economico? Si può rispondere che il ponte congiungerebbe la Sicilia al resto dell'Italia e dell'Europa, ma a cosa servirebbe se non si costruiscono prima di tutto i ponti culturali, sociali, economici e produttivi, tra le diverse realtà che avrebbero più rapidità di scambi? Mi fermo qui.

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    1. Carissimo Salvatore, posso dirti che siamo perfettamente d'accordo. Il Ponte sullo Stretto è diventata una questione idelogica e sarà così ancora per molto. Sulla reale utilità gli scontri sono durissimi così come sulla reale fattibilità. Io, come avri intuito, ho voluto rimarcare la questione che blocca e rallenta la realizzazione di tantissime infrastrutture e che rappresenta un nervo scoperto che nessuno è riuscito a risolvere. Una vergogna.

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  2. Sin da quando ho messo piede per la prima volta in Sicilia, ho sperato di arrivare ogni volta a Messina e trovarlo, finalmente, questo benedetto ponte… invece, il solito traghetto, le solite code infinite, il solito spettacolo di nervi e bestemmie trattenute degli autisti di camion e pullman tra i traghetti di Caronte o FS, orari saltati e almeno quattro ore di ritardo sulla tabella di marcia, e due zebedei talmente gonfi che diventano patrimonio dell’UNESCO, per godermi la “romantica traversata dello Stretto”.

    Poi però, con l'arrivo a Villa San Giovanni, si imbocca l’autostrada da dove si può andare ovunque, persino a Parigi, Berlino e magari a Londra, filando via su quattro e sei corsie, no stop.

    Già, però vuoi mettere che col traghetto, almeno, ti prepari psicologicamente: dove la lentezza diventa un rito d’iniziazione, un allenamento mentale a quello che ti aspetta poi in Sicilia.

    Ma a me sto ponte, che attraversi in cinque minuti netti, per arrivare allegramente a Messina e poi… benvenuto nell’isola dei balocchi rotti, mi sembra più un invito all'emigrazione che una proposta ai turisti di visitarla. Attraversi il “miracolo dell’ingegneria moderna” in cinque minuti netti… e poi? Dove minchia vai? Perché dopo il ponte non c’è l’Europa, c’è la giungla, tra autostrade che sembrano mulattiere, provinciali interrotte che manco nei film di Indiana Jones, statali con ponti crollati e comunali da Camel Trophy.

    A Palermo, con la Freccia del Sud, che da Messina diventa solo Sud, ci vogliono più di due ore se gli astri si allineano e Trenitalia decide di farti la grazia. Da Trapani a Siracusa, invece, 14 ore. In pratica un pellegrinaggio mistico tra binari arrugginiti, perfetto per chi vuole ritrovare se stesso (e perdere la pazienza).

    A questo punto, forse conviene cancellare la E90 e tornare alle vecchie littorine. Alla Sicilia, “isola incontaminata dai segni del progresso, autentica, lenta, folkloristica, come cent’anni fa.” Almeno sarebbe pubblicità onesta. Ci mettiamo pure lo slogan: “Sicilia: dove il tempo si è fermato. E pure i treni.”

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