martedì 14 novembre 2023

IN MEZZO AL GUADO

di Torquato Cardilli - Vorrei sgombrare il campo da eventuali sospetti di simpatia verso il Governo o di approvazione della sua politica.Ne sono distante su principi fondamentali, capisaldi della Costituzione, costantemente violati o fatti scivolare in fondo nella lista delle cose da attuare. Mi riferisco alla politica estera svilita al rango di servente e non adeguata al ruolo internazionale, alla sanità solo per ricchi, alla scuola rimasta indietro, alla ricerca considerata la cenerentola, alla coesione sociale, all’equità e alla progressività del sistema fiscale, al welfare familiare, all’immigrazione, e soprattutto alla giustizia il cui memento, scolpito in tutte le aule di Tribunale “la legge è uguale per tutti” non vale per le vittime.

Messe da parte queste differenze quando è in gioco l’interesse del paese bisogna che la nazione sia unita.

La nostra politica estera appare a tutti gli effetti afona e piatta, (per la partecipazione, o il sostegno o l’assuefazione a guerre inutili come in Afghanistan, in Ucraina, o nella politica energetica e commerciale con la Cina) non conforme alle esigenze di difesa dell’interesse esclusivo della nazione, secondo la formula sacrale su cui giurano tutti i ministri. Appare sempre più condizionata da poteri esterni che perseguono obiettivi di supremazia, che pretendono obbedienza assoluta senza contropartite come se essere alleato equivalesse a essere vassallo.

Se la Germania è riuscita ad indurre i paesi dell’Unione a farsi carico di finanziare con un fondo di 6 miliardi di euro il presidente Erdogan con l’incarico di impedire l’afflusso di migranti attraverso la Turchia, non possiamo dire che l’Italia, paese mediterraneo più esposto alla marea di immigrati dall’Africa, abbia mostrato la stessa grinta, la stessa capacità negoziale, la stessa fermezza per ottenere una cintura di protezione.

I nostri politici, che appaiono quotidianamente in tv, non sono capaci di andare al di là di continue lamentele per essere stati lasciati soli dall’Europa e pur facendo in casa la voce grossa, non hanno il coraggio di avanzare a livello internazionale una proposta seria.

Cosa ha in più la Turchia rispetto a noi? Nulla, anzi ha qualcosa in meno: è paese dell’alleanza atlantica ma non dell’Unione europea, né del G7. Ciò nonostante si permette di giocare al tavolo delle relazioni internazionali con carte a noi sconosciute, con regole proprie come nel caso della non applicazione delle sanzioni nel confitto Russia-Ucraina, della mediazione sul grano, della politica di intervento tra fazioni libiche, riempiendo il vuoto lasciato dall’Italia, del dramma israelo-palestinese.

Il nostro paese è un pilastro essenziale nella UE, nella NATO e nel G7 e deve far valere questa funzione chiedendo in modo fermo la soddisfazione di alcune esigenze vitali senza rimanere costantemente in mezzo al guado, vittima delle intemperie internazionali e delle pressioni di chi intende sovrastarci dimenticando che tra alleati si sta alla pari.

Visto che la politica dei baci e degli abbracci, delle pacche sulle spalle, delle foto di gruppo da scolaresche e delle continue dichiarazioni di principio in inutili vertici a ripetizione non ha funzionato, (lo ha ammesso candidamente la stessa Meloni nella telefonata farsa), visto che gli alleati storici hanno fatto sempre spallucce dopo aver espresso ipocritamente solidarietà di fronte alle tragedie del mare, la primo ministro si è affannata nel cercare soluzioni di facciata, come il famoso memorandum firmato con il presidente della Tunisia, rimasto lettera morta, una vera beffa.

A nulla sono serviti i viaggi in Tunisia con l’ineffabile presidente Von der Leyen il cui orizzonte politico vede solo la prosecuzione della guerra in Ucraina, né le entusiastiche dichiarazioni di riscoperta solidarietà a 360 gradi.

Meloni si è allora voltata dall’altra parte verso l’Albania, convinta dal premier inglese Sunak a non lasciarlo solo nel rinverdire sogni colonialistici. Ha scodellato un memorandum d’intesa abborracciato, messo giù da apprendisti stregoni che poco masticano di diplomazia, di equilibrio dei poteri, del “do ut des” nelle relazioni internazionali, del rispetto delle regole sperando che potesse stare in piedi il piano velleitario di sterilizzare il problema immigrazione.

Che ruolo vi ha avuto il glorioso Servizio per gli affari giuridici, del contenzioso diplomatico e dei trattati della Farnesina?

C’è da dubitare fortemente delle capacità politiche e delle conoscenze giuridiche di chi l’ha consigliata di percorrere la via dell’intesa riservata, senza voto parlamentare, a totale carico del contribuente italiano, che cozza contro ogni principio di diritto internazionale, di diritto comunitario e persino di diritto costituzionale italiano.

Con il presidente tunisino el Sayed promettendo denaro europeo, che non è arrivato, ha cercato invano di arginare il flusso immigratorio dalla Tunisia; ora con quello albanese Rama tenta la carta antistorica del protettorato.

L’Italia ottiene una specie di sovranità extraterritoriale su una porzione di Albania, vi assume potestà giuridica, tutte le spese militari, organizzative, di allestimenti strutturali di centri di raccolta di immigrati, di assistenza, di mantenimento, di trasporto, di sicurezza di polizia in cambio di una piccola valvola di sfogo: l’esportazione di 3 mila disgraziati in attesa di riconoscimento di asilo che potranno restare in Albania per un massimo di 18 mesi al termine dei quali ritorneranno in Italia per l’asilo definitivo o per il respingimento nel paese di origine. Se in un anno arrivano 150 mila immigrati a cosa serve deportarne meno del 3%, salvo poi riprenderseli?

Ammesso che il sistema così astruso e costoso riesca a decollare, rappresenterà una goccia rispetto al mare dell’immigrazione, senza offrire nessun, dico nessun contributo alla soluzione del problema che resterà immutato per anni e anni a tutto vantaggio dei mercanti di uomini, che, secondo le dichiarazioni programmatiche del premier Meloni sarebbero stati perseguiti nell’intero orbe terracqueo.

Il Governo farebbe invece bene a tirare fuori il coraggio di una prova di forza patriottica per obbligare l’Europa ad una redistribuzione obbligatoria pro quota degli immigrati e ad investire somme colossali in Africa.

Fino a quando non ci fosse nei fatti una concreta attuazione di solidarietà europea l’Italia metta da parte l’atteggiamento costantemente prono e remissivo, e dimostri all’Europa e alle Nazioni Unite che non è più disposta a subire.

In politica estera, quando si esauriscono le mediazioni, conta il fatto compiuto.

Se la Libia e la Tunisia non sono capaci o non vogliono fermare le partenze organizzate da bande di scafisti, collusi con i loro poteri centrali, locali e tribali, l’Italia dovrebbe sentirsi autorizzata a applicare sanzioni contro i mandanti, gli aguzzini e i fiancheggiatori dei traffici, dichiarare autonomamente la sospensione degli accordi di Dublino (e non limitarsi alla sospensione di Schengen), estendere temporaneamente i propri confini del mare territoriale anziché entro le 200 miglia di interesse economico esclusivo (art. 53 di Unclos) fino sulla battigia del litorale africano ed affidare agli incursori di marina, agli uomini rana, al battaglione San Marco, al battaglione Tuscania, agli specialisti del Consubin e del col Moschin (utilizzati coreograficamente solo per la parata del 2 giugno) il compito di catturare con raid sul posto gli organizzatori dei traffici e sabotare sulla spiaggia ogni natante potenziale traghettatore di esseri umani.

Non ci sarà alcuno spargimento di sangue. Non sarà necessario il blocco navale tante volte invocato e minacciato, perché si otterrà il blocco delle partenze con il minimo sforzo, almeno per il tempo che servirà all’Italia e all’Europa per applicare severe misure di contenimento e di gestione del fenomeno.

Torquato Cardilli
14 novembre 2023

3 commenti:

  1. Vantano un Hot spot per 3.000 persone che, se riescono a identificarle ed espellerle in 28 giorni, potrebbe alleviare il carico di circa 30.000 elementi all'anno. MA QUANDO MAI SONO RIUSCITI AD ESPELLERE UN RICHIEDENTE ASILO IN 28 GIORNI???

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  2. La cultura dell'accoglienza dovrebbe diventare patrimonio di tutto il Paese. Solo con questa "forza patriottica" si potrà obbligare l'Europa alla distribuzione degli immigrati in tutti i Paesi dell'Unione. Nessuno escluso!

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  3. Credo che risolvere il grave problema degli arrivi dei migranti sia veramente difficile. Nessuno è riuscito a cambiare lo stato delle cose. E paradossalmente con l'arrivo a Palazzo Chigi di Giorgia la situazione è pure peggiorata. Ricordare i proclami e gli attacchi vergognosi della nostra premier quando era all'opposizione e le promesse e gli impegni prima di arrivare al governo fa sorridere amaramente.
    Non so se la soluzione proposta dal nostro autore sia effettivamente realizzabile. Si tratta comunque di interventi non amichevoli su suolo di altri paesi le cui conseguenze potrebbero essere non prevedibili. Mi convince di più dichiarare autonomamente la sospensione degli accordi di Dublino e magari organizzando convogli per portare parte dei migranti direttamente oltre i confini dell'Italia. Chissà cosa accadrebbe.

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