di Noemi Callea e Igor Gelarda - «Halal» è un termine arabo che significa "lecito" e indica la conformità di comportamenti e cibi alle norme islamiche.
La carne per essere consumata dev'essere appunto "lecita", preparata secondo il rito religioso della "macellazione rituale".
La carne per essere consumata dev'essere appunto "lecita", preparata secondo il rito religioso della "macellazione rituale".
Gli animali devono essere macellati per mano di un adulto religioso di sesso maschile, senza preventivo stordimento, attraverso un unico taglio netto alla gola con una lama affilata che recida trachea, esofago e i vasi sanguigni senza però recidere la testa. Cosicché l'animale, rimasto comunque cosciente, possa morire per dissanguamento, appeso a testa in giù o immobilizzato in una gabbia di contenimento o con le zampe legate, per impedirgli di muoversi a causa degli spasmi durante i momenti di agonia.
Qualcosa di molto simile avviene nella cultura ebraica, che usa il termine “kosher”.
Questa pratica in Europa è considerata illegale, ma da alcuni decenni viene concessa in deroga alla legge se praticata per motivi religiosi.
In Italia, infatti, la legge 439/1978, che ha recepito la direttiva 74/577/Cee, stabilisce l'obbligo di stordimento degli animali prima della macellazione, per evitare, per quanto possibile, ulteriore sofferenza agli animali.
Ma col D.M. 11 giugno 1980, su richiesta del Centro islamico culturale d'Italia e per supportare l'esportazione di carne dall’Italia verso paesi a prevalente religione islamica, è stata autorizzata una specifica deroga alle normative, per permettere la macellazione ‘halal’. Divenuta generalizzata col DL 333/1998 e col Regolamento europeo 1099/2009, che obbliga la macellazione rituale solo in specifici impianti autorizzati.
Da alcuni anni, ormai, assistiamo ad una sempre maggiore diffusione di questa pratica in relazione all'aumento del numero delle comunità musulmane in tutta Europa.
La macellazione rituale viene praticata anche in occasione della Festa islamica del sacrificio, detta anche "dello sgozzamento", che viene celebrata ogni anno in ricordo del sacrificio di Abramo. Nella tradizione islamica il rito dell'uccisione viene svolto collettivamente e in pubblico, cosa invece vietata in Italia. Varie le città in Italia e in Europa in cui negli ultimi anni è stata celebrata la Festa del sacrificio, tra l'opposizione delle associazioni animaliste, di parte della cittadinanza e spesso anche dei sindaci. Anche a Palermo si è celebrata la festa dello sgozzamento, con la partecipazione in prima fila del nostro amato sindaco Orlando, che ha elogiato l'avvenimento come un'occasione importante di «arricchimento culturale».
Durante i tre giorni dedicati a questa festa vengono uccisi in questo modo brutale, migliaia di animali. Nel 2017 sono stati uccisi, solo in Italia, circa 400 mila animali, tra montoni, capri e agnelli. Molte di queste macellazioni avvengono nelle strutture autorizzate, ma, vista l'assenza di controlli, anche con sistemi fai-da-te nelle case private o in spazi pubblici non autorizzati, con un ulteriore aggravio di violenza e sofferenza per gli animali.
Secondo un'indagine dell'ONG Animal Equality, nel 2015 il giro d'affari in Italia legato alla macellazione rituale è stato di circa 5 miliardi di euro. Si capisce allora che il fine della deroga, nata per fini di esportazioni almeno inizialmente, oggi non è soltanto per una tolleranza verso altre religioni, comunque a discapito della nostra cultura laica e attenta al benessere animale, quanto il giro economico che ci sta dietro.
Sono diversi gli stati, in Europa e non solo, che hanno vietato la macellazione rituale senza stordimento, come Svezia, Polonia, Lituania, Finlandia, Islanda, Slovacchia, Danimarca, in alcune regioni dell’Austria e recentemente anche in Belgio. In Italia, nella legislatura appena conclusa, il portavoce del M5S alla Camera Paolo Bernini ha chiesto l'abolizione della deroga «senza se e senza ma», anche perché nega del tutto il senso stesso della norma, volta appunto a limitare la sofferenza degli animali. Invece una proposta della portavoce Chiara Gagnarli chiede la modifica della legge almeno per stabilire il diritto generale all'incoscienza pre mortem.
In nessun modo si vuole mettere in discussione la libertà di culto, diritto giustamente sancito dalla nostra costituzione. Vorremmo però invitare a riflettere fino a che punto siano da considerare legittime alcune pratiche specifiche, quando vadano contro non solo alla sensibilità acquisita da un'intera cultura e contro principi etici ormai consolidati, ma addirittura contro i fondamenti stessi del diritto e l'uguaglianza degli individui davanti alla legge. L'uso delle deroghe diventa, infatti, terreno fertile su cui può germogliare il seme dell'ingiustizia e della disuguaglianza, rischiando di diventare motivo di profondi conflitti culturali e sociali. E infine, si tratta davvero di integrazione culturale quando le usanze di una cultura "ospite" vengono imposte per decreto ministeriale, calpestando la sensibilità e l'identità di un intero popolo, se non addirittura le conquiste di civiltà raggiunte dopo secoli di storia, spesso a seguito di lotte difficili e dolorose?
È chiaro che il tema che riguarda i diritti dei soggetti più deboli della nostra comunità, come lo sono tra gli altri gli animali, e la riflessione su quali siano i limiti che dobbiamo porci nel nostro rapporto con le altre specie viventi, richiedono una profonda discussione a livello globale. Sono questioni che riguardano la nostra identità culturale e l'orizzonte stesso della nostra civiltà. Intanto, però, chiedendo il rispetto del diritto all'incoscienza pre mortem per gli animali macellati, possiamo tutelare quel sentimento di pietà verso la sofferenza degli animali a cui le norme oggi in vigore fanno riferimento, e al quale non dovremmo mai derogare.
Noemi Callea
Igor Gelarda
31 Marzo 2018
Qualcosa di molto simile avviene nella cultura ebraica, che usa il termine “kosher”.
Questa pratica in Europa è considerata illegale, ma da alcuni decenni viene concessa in deroga alla legge se praticata per motivi religiosi.
In Italia, infatti, la legge 439/1978, che ha recepito la direttiva 74/577/Cee, stabilisce l'obbligo di stordimento degli animali prima della macellazione, per evitare, per quanto possibile, ulteriore sofferenza agli animali.
Ma col D.M. 11 giugno 1980, su richiesta del Centro islamico culturale d'Italia e per supportare l'esportazione di carne dall’Italia verso paesi a prevalente religione islamica, è stata autorizzata una specifica deroga alle normative, per permettere la macellazione ‘halal’. Divenuta generalizzata col DL 333/1998 e col Regolamento europeo 1099/2009, che obbliga la macellazione rituale solo in specifici impianti autorizzati.
Da alcuni anni, ormai, assistiamo ad una sempre maggiore diffusione di questa pratica in relazione all'aumento del numero delle comunità musulmane in tutta Europa.
La macellazione rituale viene praticata anche in occasione della Festa islamica del sacrificio, detta anche "dello sgozzamento", che viene celebrata ogni anno in ricordo del sacrificio di Abramo. Nella tradizione islamica il rito dell'uccisione viene svolto collettivamente e in pubblico, cosa invece vietata in Italia. Varie le città in Italia e in Europa in cui negli ultimi anni è stata celebrata la Festa del sacrificio, tra l'opposizione delle associazioni animaliste, di parte della cittadinanza e spesso anche dei sindaci. Anche a Palermo si è celebrata la festa dello sgozzamento, con la partecipazione in prima fila del nostro amato sindaco Orlando, che ha elogiato l'avvenimento come un'occasione importante di «arricchimento culturale».
Durante i tre giorni dedicati a questa festa vengono uccisi in questo modo brutale, migliaia di animali. Nel 2017 sono stati uccisi, solo in Italia, circa 400 mila animali, tra montoni, capri e agnelli. Molte di queste macellazioni avvengono nelle strutture autorizzate, ma, vista l'assenza di controlli, anche con sistemi fai-da-te nelle case private o in spazi pubblici non autorizzati, con un ulteriore aggravio di violenza e sofferenza per gli animali.
Secondo un'indagine dell'ONG Animal Equality, nel 2015 il giro d'affari in Italia legato alla macellazione rituale è stato di circa 5 miliardi di euro. Si capisce allora che il fine della deroga, nata per fini di esportazioni almeno inizialmente, oggi non è soltanto per una tolleranza verso altre religioni, comunque a discapito della nostra cultura laica e attenta al benessere animale, quanto il giro economico che ci sta dietro.
Sono diversi gli stati, in Europa e non solo, che hanno vietato la macellazione rituale senza stordimento, come Svezia, Polonia, Lituania, Finlandia, Islanda, Slovacchia, Danimarca, in alcune regioni dell’Austria e recentemente anche in Belgio. In Italia, nella legislatura appena conclusa, il portavoce del M5S alla Camera Paolo Bernini ha chiesto l'abolizione della deroga «senza se e senza ma», anche perché nega del tutto il senso stesso della norma, volta appunto a limitare la sofferenza degli animali. Invece una proposta della portavoce Chiara Gagnarli chiede la modifica della legge almeno per stabilire il diritto generale all'incoscienza pre mortem.
In nessun modo si vuole mettere in discussione la libertà di culto, diritto giustamente sancito dalla nostra costituzione. Vorremmo però invitare a riflettere fino a che punto siano da considerare legittime alcune pratiche specifiche, quando vadano contro non solo alla sensibilità acquisita da un'intera cultura e contro principi etici ormai consolidati, ma addirittura contro i fondamenti stessi del diritto e l'uguaglianza degli individui davanti alla legge. L'uso delle deroghe diventa, infatti, terreno fertile su cui può germogliare il seme dell'ingiustizia e della disuguaglianza, rischiando di diventare motivo di profondi conflitti culturali e sociali. E infine, si tratta davvero di integrazione culturale quando le usanze di una cultura "ospite" vengono imposte per decreto ministeriale, calpestando la sensibilità e l'identità di un intero popolo, se non addirittura le conquiste di civiltà raggiunte dopo secoli di storia, spesso a seguito di lotte difficili e dolorose?
È chiaro che il tema che riguarda i diritti dei soggetti più deboli della nostra comunità, come lo sono tra gli altri gli animali, e la riflessione su quali siano i limiti che dobbiamo porci nel nostro rapporto con le altre specie viventi, richiedono una profonda discussione a livello globale. Sono questioni che riguardano la nostra identità culturale e l'orizzonte stesso della nostra civiltà. Intanto, però, chiedendo il rispetto del diritto all'incoscienza pre mortem per gli animali macellati, possiamo tutelare quel sentimento di pietà verso la sofferenza degli animali a cui le norme oggi in vigore fanno riferimento, e al quale non dovremmo mai derogare.
Noemi Callea
Igor Gelarda
31 Marzo 2018
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaUna questione. questa della uccisione degli animali, per motivi religiosi o, semplicemente, per mangiarli, della quale non si parla, o, se ne parla raramente ed occasinalmente. Questo articolo, molto significativo ed importante, ha scosso la mia coscienza, al punto da farmi porre la domanda sul senso di questa ecatombe, non soltanto sulle modalità "indolori" di uccisione, in un'epoca capace di produrre generi alimentari sostitutivi della carne. Non ho, purtroppo,risposte risolutive a questa domanda. Si potrebbe, però, cominciare a parlare della necessità di una inversione di tendenza, basata sull'amore e sul rispetto di queste povere e incolpevoli creature, comnciando a cambiare la struttura dei consumi, a partire da noi stesssi e dalle nostre famiglie.
RispondiEliminaRingrazio l'autore per aver posto un aspetto assai importante del tema dell'integrazione che, in uno stato laico, non deve prescindere dal corpo di leggi svincolate da ogni fede religiosa e, come tali, devono essere cogenti per tutti coloro che vivono in quello Stato.
RispondiEliminaOgni deroga a questo principio rappresenta una pericolosa deriva, soprattutto in questi tempi tempi di grandi flussi migratori.
Ogni Stato è giusto che eserciti la propria sovranità e stabilisca le norme più adatte per la convivenza e che, una volta emanate, siano applicate a chiunque venga a vivere nel suo territorio.
Derogare a questo fondamentale principio, oltre a non favorire l'integrazione, alimenta le divisioni e il disagio di dover subire usi diversi che, come in questo caso, possono essere offensivi della sensibilità della gente.
La via dell'integrazione, purtroppo, per coloro che emigrano non è in discesa: oltre alla lingua, richiede loro l'impegno per adattarsi all'ambiente fisico, sociale, normativo dello Stato in cui scelgono di vivere.
Se non si fanno deroghe, per loro sarà più agevole scegliere il Paese più compatibile con le proprie usanze in modo da ridurre loro i problemi che il processo di integrazione inevitabilmente comporta.
Non posso che concordare con la esauriente commento di Salvatore.
EliminaNon ho parole ...
RispondiEliminaNe prendo atto!
RispondiEliminaChi può stupirsi dell’indifferenza con cui si perpetua la mattanza di poveri animali quando viviamo in un mondo dove gli stessi diritti dell’uomo vengono calpestati, soprattutto se sono deboli o anziani. In una società politica che tutela solo i più forti e che se ne frega di chi è rimasto indietro, le atrocità subite dagli animali commestibili sono solo fisime degli idioti animalisti. A Pasqua e nelle feste comandate bisogna vendere gli agnelli, e pazienza se il sangue scorre a fiumi. Non c’è tempo per occuparsi di un modo più “dolce” di far crepare agnellini, capretti, vitellini. Una società fondata sul profitto non può occuparsi del dolore, la sofferenza e l’agonia degli animali: è solo una condizione necessaria. Ma voi immaginate i nostri politici che fanno una campagna contro la mattanza delle povere bestie, rischiando di perdere consensi tra gli imprenditori del settore. Io no e temo che continueremo a parlare di questi tempi ancora a lungo, soprattutto in occasione della santa Pasqua.
RispondiEliminaQuello della macellazione degli animali è un tema delicato e spinoso, che lascio discutere a chi ne sa più di me. Resta il fatto che essendo esseri viventi, essi meritino il minor dolore possibile, altrimenti si parla di tortura. Poi vabbè ci sono le scelte religiose e alimentari di ognuno di noi: chi mangia frutta, chi carne chi solo verdura, chi è addirittura respirariano. Ma quello è un altro discorso.
RispondiEliminaE' indubbiamente una pratica orribile, spregevole e raccapricciante. Secondo la religione, Dio prescrisse sacrifici animali quale temporaneo atto provvidente di un sacrificio per il perdono dei peccati, in attesa di quello perfetto e definitivo di Cristo (Agnello di Dio), venuto a togliere i peccati dal mondo. Volere di Dio quindi, per chi crede, ma che si sarebbe dovuto interrompere proprio con la venuta di Gesù Cristo. Invece, il genere umano, sempre disponibile alle abitudini più abominevoli l'ha conservato fino ai giorni nostri, con la variante, che gli animali non si uccidono più per sacrificio, ma per il gusto di mangiarli. Senza voler aprire dibattiti tra animalisti, vegetariani, carnivori, cacciatori o ammazzatori per sfizio, personalmente, trovo crudele qualsiasi atto di prepotenza e sopraffazione nei confronti di qualsiasi essere incapace di difendersi e costretto a subire la egoistica violenza di si arroga il diritto di esserne giudice e carnefice.
RispondiEliminaCi risiamo. E' di nuovo Pasqua e tante persone "FESTEGGIANO LA PACE", con vergognosi atti di pura crudeltà e cattiveria umana verso esseri gentili ed indifesi Vedere un essere vivente in grado di provare emozioni, affetto e consapevolezza di essere e poi assistere alle crudeltà che siamo capaci di infliggergli è straziante. Siamo diventati una razza egoista e cattiva, alla quale spesso mi vergogno di appartenere. GLI ANIMALI NON SONO FATTI PER ESSERE MANGIATI DAI COSIDDETTI UMANI, ma per vivere la loro vita senza sopraffazione da parte di chi invece ha deciso egoisticamente di essere padrone e giudice supremo delle loro vite.
RispondiEliminaConsuetudini alimentari supportate da ritualità religiose , da pratiche più o meno eticamente e moralmente ammissibili che hanno per oggetto una vita sia pur animale . Chissà se ognuno di noi ne evitasse l'uso a tavola , pertanto se ne evitassero gli allevamenti per fini commerciali , forse oggi staremmo a piangere l'amato agnellino in via di estinzione . Ma se riflettiamo , anche i vegetali hanno una vita , appunto , da vegetale ! In questo campo la nostra coscienza è ancora nella fase di pre-coscienza , nel senso che sappiamo ma non conosciamo a fondo e , potrebbe sembratci ridicolo , pensare che la carota soffre quando viene mangiata , dato che la mangiamo viva e non macellata ! Prevedo una lunga legislazione sul diritto al benessere della carota per usi alimentari . Purtroppo , non si vive di sola aria e di idee giuste , ciò che dobbiamo mettere nel piatto per riprodurre questa nostra vita umana , ce lo dobbiamo porre , non solo quotidianamente ! E allora , consapevole e sensibile sui problemi posti , compresa la spettacolarizzazione di un uso culturale e religioso che rimanda ad interrogativi più estesi e complessi sulla colonizzazione forzata di altre culture , per quanto mi riguarda porrei più l'attenzione sulla sapidità e fragranza delle carni animali che non sono più quelle conosciute della nostra tradizione contadina sino agli anni "60 , ma siamo costretti a mangiare un alimento diverso , questo forse si da evitare ed agevolarne l'estinzione ! Buona Pasqua .
RispondiEliminaÈ veramente orribile ciò che l'uomo riesce a fare. La religione è solo un pretesto per dar modo a dei carnefici di mettere in pratica tutta la sua cattiveria
RispondiEliminaImmagino siate tutti vegani o quantomeno vegetariani
RispondiEliminaNon direi proprio.
EliminaCiò non toglie che, carnivori o meno, provocare inutile sofferenza in un animale solo perché fu scritto migliaia di anni fa è quantomeno da trogloditi.
Anche nel cristianesimo, in larga maggioranza in Italia, il concetto di sacrificio è compreso ma ovviamente non applicato perché c'è di mezzo l'evoluzione della propria cultura, oltre che coscienza.
Applicare alla lettera stolti dettami di oltre duemila anni fa solo perché "così sia", senza la minima riflessione personale fa comprendere perfettamente il contesto in cui viviamo (o si pretende che si viva, visto che dovremmo assoggettarci tutti alla religione di turno).
P.S. Tengo a precisare che il sottoscritto e la religione (qualsiasi) sono due entità inconciliabili.
Già, noi siamo tolleranti... a questo punto perché non tollerare anche la pratica dell'infibulazione e delle mutilazioni genitali femminili ancora molto diffuse??
RispondiEliminaRingrazio gli autori di questo articolo, al di là dell'essere vegani o vegetariani, preciso che in passato ho scritto un paio di articoli su questo tema in questo blog e leggere la strage degli agnelli per pasqua, e la strage degli animali senzienti e trattati come fossero cose mi suscita una indignazione, contro costoro e queste religioni violente, che praticano lo sgozzamento senza stordimento e come abbiamo visto, tale barbarie viene perpetrata non solo sugli animali, ma anche sugli uomini ed i video dell'isis sono uno spregevole spettacolo dell'orrore. Mi mancano le parole per continuare, ma a questo punto spero che Salvini e Di Maio buttino fuori dall'italia questi barbari del medioevo e riscattino la nostra identità e la nostra millenaria civiltà.
RispondiElimina(la conclusione del mio precedente articolo firmato assieme a "Tiziana Molendi e Nino Pepe"...
EliminaPer concludere questo breve richiamo alla coscienza ed alla responsabilità dell'uomo capace anche di virtù, bontà ed amore, noi diciamo aboliamo tutti i macelli del mondo perché la produzione di carne oltre che eticamente condannabile è anche anti economica e devastante per il pianeta, perché è un ciclo vitale e biologico demenziale, produrre cereali per mantenere 3 miliardi di animali, quando un miliardo di persone dei paesi sottosviluppati soffrono la fame. Il mondo sarà veramente più civile quando tutti gli essere viventi, avranno gli stessi diritti. Grazie.
Tiziana Molendi
Orlando sta rincoglionendo
RispondiEliminaSe penso alla nostra messa, pane e vino, mio corpo , mio sangue, sacrifici simbolici......
RispondiEliminaAnche da noi c'era l'agnello sul tavolo, dolce e col cuore in marzapane, niente uccisione di essere viventi, sacrifici simbolici.
Aiutiamo anche loro a fare questo passo, in piena dignità , i cristiani hanno impiegato secoli, loro potrebbero essere molto più veloci!
I musulmani non vogliono imparare, vogliono solo insegnare! L'islamismo non è una religione, ma un'ideologia politica dittatoriale e nessuno di loro é disposto a disconoscere un solo punto del corano che, per loro è quello che la Costituzione é per noi.
EliminaLa religione di per sé è un'ideologia politica dittatoriale, ce ne sono di più o meno arroganti e/o invasive, ma non cambia di molto il risultato.
EliminaL'Islam, magari ora più arrogante di quanto siamo stati abituati, è solo una fra tante.
Le invasioni e le stragi perpetrate dai cristiani (in particolare gli Europei) negli ultimi 2 millenni, ad esempio in Medio Oriente, Africa e America latina, non ha paragoni.
Anche senza essere di parte, è sufficiente dare uno scorcio ai libri di storia.
Mi congratulo con gli autori che hanno affrontato "la pratica dello sgozzamento" degli animali con discrezione e linearità. Un sussulto è nato in me nel proseguo dell'articolo perché ho provato disgusto per tale sanguinaria prassi e mi sono chiesto come si può ancora oggi permetterla con esseri viventi appartenenti, non dimentichiamolo, alla nostra stessa specie. Noi mangiamo la loro carne rigettando inconsapevolmente le implicazioni di ordine etico. Nonostante ciò, trascuriamo volutamente, in nome di riti "pagani", la possibilità di dare loro la morte in modo indolore. Soldi, dunque, ed usanze barbare sono alla base di tutto questo.
RispondiEliminaLa questione posta dagli autori si inquadra, a mio avviso, su un tema di enorme portata per la nostra civiltà. Ovvero quello fra lo scontro fra due diritti egualmente meritevoli di tutela: il diritto della cultura “ospitata” a vivere secondo le proprie tradizioni e culti e quello della cultura “ospitante” a vedere riconosciute e rispettate le proprie leggi ma più in generale le sensibilità storicizzate della comunità.
RispondiEliminaNon è un caso che problematiche del genere si siano poste da noi negli ultimi 20 anni mentre in Francia o Inghilterra se ne discute da almeno 50 anni. Da almeno 3 decenni la civiltà occidentale sta facendo seriamente i conti con la contraddizione fra la pretesa universalistica del riconoscimento dei diritti civili (non a caso dell’Occidente definiti universali) e la tolleranza che si deve a comunità che non solo non riconoscono tali diritti ma addirittura li contestano o li rifiutano in toto. L’esempio classico è il ruolo della donna nella civiltà islamica. E’ una contraddizione da cui non si esce e con la quale dovremo convivere con pazienza e senza facili scorciatoie.