di Torquato Cardilli - È morto il papa del popolo, il papa della pace, il papa della misericordia, il papa del perdono. Il fiume di condoglianze e di lacrime, non quelle sincere di chi non conta nulla nella società, ma quelle ipocrite delle autorità mondiali e dei finti cattolici nostrani, ha rotto gli argini ed è in piena.
Sono lacrime di coccodrillo, che durano per il tempo di un battito di ciglia, ma che scavano solchi nei cuori affranti della povera gente.
Il papa è morto invocando per l’ennesima volta il disarmo e la pace, ma tutti quelli che osserveranno la cerimonia di commemorazione alla Camera e al Senato, spudorati farisei moderni, si assumeranno la responsabilità di continuare a mentire di fronte alle sue spoglie.
Coloro che siederanno in prima fila ai funerali, come sepolcri imbiancati, faranno finta di magnificarne il messaggio, ma non faranno nulla per mettere in pratica un centesimo degli insegnamenti di papa Francesco. Dopo la cerimonia con visi contriti e i salamelecchi di rito a favore di immagine, le parole di finto rammarico saranno presto dimenticate e tutto tornerà come prima.
La politica continuerà a dedicare tutta la propria attenzione e attività alla protezione di chi ha, dimenticando chi non ha, al rafforzamento del riarmo e dell’industria di morte, voltando cinicamente le spalle a chi muore ogni giorno nella miseria a chi viene sacrificato tra atroci sofferenze e a chi fugge dalla morte.
La presidente Meloni ha pubblicato una dichiarazione grondante rammarico e gratitudine per i consigli e per i suggerimenti ricevuti. Forse non si è resa conto dell’impegno verso la pace implicito in quelle parole che sembrano scritte per catturare l'ingenuità popolare. Se non si tratta di pura ipocrisia metta in pratica una politica di pace in Ucraina e in Palestina, esprima un no tondo al riarmo voluto dalla Presidente della Commissione europea von der Leyen, dia spazio al negoziato, ponga il veto all'esportazione di armi, metta in pratica ogni iniziativa politica per gli aiuti umanitari a Gaza negati dal macellaio dichiarato criminale di guerra dalla Corte penale internazionale.
Quanto a von der Leyen (perchè usa il cognome del marito, mentre sarebbe più adeguato von der Lechen?), politica di lungo corso cresciuta nella DC tedesca, già ministro della difesa della Germania, è palese la postura decisionista della sua terra, senza la duttilità necessaria a preservare l’unità dell’Europa e gli interessi dei suoi popoli.
Da subito schierata sulla linea di Biden e della Nato sulla questione Ucraina, ha sempre chiuso la porta di fronte alla possibilità di un negoziato di pace, facendo prevalere la linea della fermezza in tutti i vertici a cui ha partecipato regolarmente senza avere la responsabilità di rispondere ad un elettorato popolare che a causa sua è sottoposto allegramente a sacrifici crescenti.
Il ritornello politico dei suoi interventi è stato quello del sostegno militare all’Ucraina fino alla vittoria mentre Gaza viene rasa al suolo nella sua complice indifferenza .
Individuare un nemico contro cui rivolgere tutte le forze e addossargli tutte le responsabilità, è una scelta politica caratteristica dei politici in difficoltà. Francia e Germania non si sono fatte pregare a seguirne l’esempio. Meloni che da tempo aveva confessato in privato che l’opinione pubblica era stanca dei sacrifici imposti dalla situazione, non ha saputo o voluto tirarsi indietro e nella corsa a chi è il più bravo nel seguire la politica USA si è mostrata riverente oltre ogni decenza verso Biden arrivando a stracciare il trattato con la Cina della via della seta e a sottoscriverne un altro di assistenza economica e militare con Zelenski.
Con l’avvento di Trump alla guida degli Stati Uniti il mondo ha preso coscienza che la musica dei rapporti internazionali ha cambiato spartito. I prodi capi di Governo europei Macron, Sholz e Meloni, con il coinvolgimento di Starmer (gli inglesi sono sempre pronti a menar le mani) si sono trovati spiazzati. Non hanno potuto ammettere verso i loro parlamenti addomesticati e verso i loro popoli di aver sbagliato nel seguire a corpo morto la politica di guerra Usa-Nato.
La Von der Leyen, libera dal vincolo elettorale, pur senza un esercito a disposizione, senza condividere i sacrifici economici dei cittadini, ha sostenuto, a spada tratta, lo stanziamento di 800 miliardi per il riarmo europeo, approvato in modo sbrigativo e tartufesco da un parlamento europeo interessato solo a mantenere in caldo la propria poltrona.
Nel timore che Meloni potesse ottenere nel suo viaggio a Washington un trattamento meno rigido sui dazi ha voluto ribadire l’importanza della sua funzione con una dichiarazione di una banalità sconcertante: “L'Occidente come lo conoscevamo non esiste più. Il mondo è diventato un globo anche geopoliticamente, e oggi le nostre reti di amicizia si estendono in tutto il mondo, come si può vedere nel dibattito sui dazi. L'Europa è nota per la sua prevedibilità e affidabilità, che stanno iniziando di nuovo a essere considerate un valore aggiunto. Da un lato, questo è molto gratificante; dall'altro, c'è ovviamente anche un'enorme responsabilità a cui dobbiamo far fronte".
Non una parola che alluda ad un’iniziativa diplomatica per fermare la guerra, non un accenno di pietà per il massacro di Gaza, ma solo propositi di più armi e più guerra. Che valore possono avere le sue ipocrite condoglianze per la scomparsa del papa della pace?
Torquato Cardilli
21 aprile 2025
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