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giovedì 24 dicembre 2015

IL MIO NATALE DEL 1943

nATALE 19143di Franco Gentile - Il Natale 1943 fu, per noi neo internati in attesa di destinazione, un Natale triste e freddo.
Eravamo accampati sotto un grande tendone, usato in passato come ospedale da campo, eretto in una radura nei pressi di Salonicco.

01_Territori_greci_1941
Circa un mese prima si era conclusa la lunga marcia che da Paramitià, alle pendici del Pindo, ci aveva portato fino  a quella località e dove era avvenuta la prima dolorosa separazione dai nostri ufficiali e sottufficiali. E ci era stato proposto di trasformare il nostro “status”, di prigionieri, in quello di “lavoratori volontari” per la manutenzione le ferrovie dei Balcani costantemente danneggiate dal sabotaggio dei partigiani e dai bombardamenti alleati.
Io e Bianchi, un soldato di sanità conosciuto all'arrivo in Grecia e di cui ero diventato amico, unitamente ad un altro centinaio di uomini, avevamo scelto questa soluzione, fidandoci della promessa di una certa libertà di movimento e di un trattamento alimentare migliore. In aggiunta, avremmo ricevuto anche una remunerazione in danaro del luogo. Per onestà debbo dire che, a parte la miseria di una condizione di seminternati, la promessa della libertà di movimento fu mantenuta. Una condizione che mi servì a sfuggire al controllo dei tedeschi, e, nel novembre 1944, a rientrare in Italia clandestinamente e raggiungere casa.
Vennero meno le altre promesse; il vestiario e il cibo furono simili a quelle dei comuni internati i quali lavoravano come noi e alla fine della giornata restavano chiusi negli alloggiamenti mentre noi potevamo uscire per qualche ora.

BCA-F-000135-0000Certo, ancora ora, a distanza di tanti anni anni se accenni a tale scelta, vieni bollato come “fascista collaborazionista” da certi ambienti cosiddetti “antifascisti”. Ogni tanto, ripensando all'immediato dopo guerra e all'improvvisa “dilatazione” dei reparti partigiani italiani, sarebbe istruttivo meditare sui trascorsi politici, durante il famigerato “ventennio”, di alcuni di coloro che, vista la malaparata, dalla sera alla mattina divennero i “resistenti” di sempre.
Nel pieno rispetto di coloro che sin dall'inizio furono fuori da ogni coinvolgimento con il fascismo, bisogna riconoscere che gli italiani in fatto di “voltagabbanismo” sono maestri. Basta osservare, anche oggi, quanti, pur di restare nella “casta” cambiano casacca ad ogni tornata elettorale. Ce ne sono, addirittura, che la cambiano immediatamente dopo essere stati eletti nelle liste perdenti per aderire “toto corde” ad una lista vincente. Se non ci fosse da piangere viene da sganasciarsi dalle risate su come viene intesa la democrazia dalle nostre parti.

Ad ogni modo a quel tempo, per noi, abbandonati come spazzatura da seppellire, a migliaia di chilometri da casa, da una monarchia e un governo vigliacchi e felloni, con appena venti anni di vita sulle spalle, sembrò la scelta più utile da fare per sopravvivere.
La sera del 24 dicembre, prima della distribuzione delle razioni di viveri che avveniva, normalmente, davanti al nostro tendone, dovemmo sorbirci un lungo discorso del sottufficiale austriaco che ci aveva già detto di essere il nostro comandante.
Oggi, dopo tanti anni, nel ripensare a quell'uomo debbo dire che si distingueva nettamente dai suoi commilitoni. Difficilmente alzava la voce e, se lo faceva, forse qualche volta ce lo meritavamo, ma non alzava mai le mani come era abitudine di una larga parte dei nostri guardiani quando non comprendevamo i loro ordini, ovviamente dati in tedesco.

220px-Pietro_BadoglioTornando al “nostro”: ci informò, anzitutto, che grazie ad uno sforzo dei servizi di sussistenza, avremmo avuto un “supplemento rancio” malgrado le difficoltà che stava incontrando la Grande Germania a causa della guerra che, in virtù del tradimento italiano, era  costretta  a combattere da sola. Comunque, poiché forse noi avevamo compreso la brutta parte fatta dal Re e da Badoglio, meritavamo un po' di attenzione.


In breve, oltre alle chiacchiere, ci furono distribuiti: il solito uovo crudo, il solito cucchiaio di margarina, tre sigarette e un quarto di pagnotta, ed il preannunciato “supplemento natalizio”: ben tre arance! Per festeggiare quella Festa “tanto significativa per l'intera umanità”, come ebbe a sottolineare il nostro comandante.

1Ascoltammo in silenzio e in silenzio prendemmo la nostra razione, poi ci dirigemmo alla tenda per cuocerci l'uovo nella margarina, sciolta nel coperchio della gavetta, su di un fuoco improvvisato.
Nel tornare verso la tenda passammo dinanzi alla baracca che ospitava il comando tedesco. Alcuni soldati stavano addobbando un abete con decorazioni e candeline. Mi  ricordai dei remoti natali dell'infanzia, gli alberi ed i presepi addobbati dai miei familiari, l'attesa nel buio di Babbo Natale col suo sacco di giocattoli e dolci.

Era un altro mondo, perduto per sempre e che non sarebbe mai più ritornato.
Il Natale 1942 lo avevo anch'esso trascorso sotto la tenda nel campo di Mirsini con circa venti centimetri di neve. Quella notte, ricordo, ero in servizio di guardia e ci fu distribuita una fetta di panettone giunto appositamente dall'Italia per l'occasione.
Consumato l'uovo e fumata una sigaretta, di cui conservai gelosamente la “cicca” (tre “cicche” sbriciolate in una cartina, quando si trovava, o in un pezzetto di carta qualunque, rappresentava una quarta sigaretta), rientrammo sotto il tendone ognuno diretto al proprio giaciglio.
Il silenzio era quasi totale. Ad un tratto, però, un napoletano che non perdeva mai il buon umore si portò al centro della tenda e alzando il gavettino pieno d'acqua, come a voler fare un brindisi,  parlò a voce alta.
<<Guagliò >> - disse - <<Prepariamoci al veglione. È di rigore la cravatta nera. Purtroppo, a causa dello stato bellico, scarseggiano le signore per danzare e brindare come sarebbe giusto. Comunque, se qualcuno di lor signori volesse gentilmente “prestarsi”, dico, non sarebbe la stessa cosa ma... sempre carne è... no?>>
Un coro di imprecazioni, lo zittì. Anche se non rinunciò ad un ultima battuta.
<<Oh! Intendiamoci: era solo una proposta...” un c'è u bisogno e fà tanta mbuina”>>.
<<Ma vaf.....>> - Una voce, forte e chiara, si levò a formulargli un augurio dal sapore non precisamente “natalizio”.
Infine tutto tacque. In un angolo solo quattro ostinati giocatori di carte facevano l'ennesima partita della giornata. Dalla baracca dei tedeschi giungeva il suono di una fisarmonica e un coro di voci alticce.
Ma le sorprese non erano finite. Dal fondo del tendone venne avanti un alpino che ci era noto, fino a quel momento, per l'estrema scontrosità che lo teneva lontano da tutti noi. L'uomo si portò al centro del tendone dove si trovava un grande tavolo, residuo del vecchio arredo del luogo.

raffigurazione_della_nativitaAlzò in alto una immagine della Natività mostrandola attorno a tutti noi che lo fissavamo stupiti.
<Quando ero a casa...> - Disse tenendo bene in vista il santino - <la notte di Natale si andava tutti a Messa. Qui non c'è neppure un prete né un altare. Ma... penso che si possa rimediare. C'è qualcuno che sa dire il Rosario? Beh! Se c'è si faccia avanti e recitiamo, tutti assieme il Santo Rosario.
Tutti gli occhi presenti lo fissarono sconcertati. Qualcuno accennò un sorriso scettico, qualcun altro brontolò un dissenso.

<Ho capito: qualcuno è d'accordo e qualcuno no. Vediamo un po': non c'è proprio nessuno che sa recitare i misteri del rosario? Penso che Avemaria, Gloria e Padre nostro li ricordiamo tutti...>
<Lo posso fare io...> - Bianchi, si drizzò a mezzo sul suo covile di paglia, levando dal taschino della giubba una corona.
Dapprima lo guardai perplesso poi ricordai che m'aveva informato, a suo tempo, di aver studiato in seminario scegliendo, però, alla fine, di restare laico.
<Benissimo...> - Disse l'alpino. Pose sul tavolo la gavetta e a quella poggiò l’immaginetta, davanti accese, e fissò con una goccia di cera, un mozzicone di candela, poi si voltò verso Bianchi. - <Tocca a te infermiere...>

Signore Iddio! Sarò mai capace di descrivere la suggestione dell'attimo che stavo vivendo?
Al centro di quel ricovero di disperati, gli occhi di noi tutti, seduti sui nostri giacigli, brillavano di luce. Il Bambino ci sorrideva dal Santino sgualcito. La preghiera, recitata con timorosa incertezza, da labbra più use alla bestemmia che a pregare, si levò come un alito di speranza verso il Dio della Misericordia; travalicò le pareti di tela. Quegli uomini che fino a pochi minuti prima avevano invocato la vendetta divina contro chi li aveva portati a quello stato di miseria, ora stavano, in atteggiamento contrito, la fronte piegata dinanzi al simulacro del Cristo Bambino, invocando misericordia e pace!...” rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”... è l'invocazione del perdono in cambio di un perdono. “Signore... non ci indurre in tentazione ma liberaci da ogni male”.

papa-francesco-misericordiaIn quel momento, scordando ogni lordura del loro Calvario, quelle creature in preghiera, rivivevano il bimillenario mistero della incarnazione del Cristo, fattosi uomo per condividere ed affrontare con gli uomini tutti, le sofferenze e le gioie della vita. Per il riscatto dalla miseria originale. In quello stesso istante, in tante piccole pievi nascoste tra i monti o nei meandri di un villaggio di pescatori, come nelle cattedrali sfolgoranti di luci e di orpelli delle grandi metropoli, si levava la stessa preghiera: “Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra a tutti gli uomini di buona volontà”
Le “poste” sono finite: Bianchi recita Il Salve Regina cui seguono le Litanie della Madonna.
“Regina pacis! Ora pro nobis”!

Sono trascorsi ben settantadue anni. Non so quanti degli uomini presenti in quella tenda in quella dolorosa notte di Natale siano ancora in vita. Io, ormai, novantaquattrenne sono qui a testimoniarla e mi guardo attorno in un mondo dove non accenna a tacere il fragore delle armi; dove odio, discriminazione razziale, consumismo, edonismo, egoismo la fanno da padroni, dove Dio viene sfruttato per giustificare azioni pseudosociali da politicanti impregnati di ipocrisia e farisaica presunzione di santità. Mi viene spontaneo ripensare ad una scritta da me letta in gioventù sulla facciata della Casa del Mutilato della mia città: “La guerra è la lezione della storia che gli uomini non impareranno mai”.

Buon Natale a tutti.

Franco Gentile profiloFranco Gentile
Vittorio Veneto
24 Dicembre 2015

28 commenti:

  1. Ho fatto un commento e adesso è sparito. è la prima volta che ciò accade. ritornerò a commentare più tardi.

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  2. Grazie alla raffinata gentilezza del Signor Franco che mi ha regalato un suo libro, ho avuto il piacere di leggere il contenuto di questo articolo alcuni mesi fa. E' stato veramente interessante leggere il racconto delle peripezie vissute dal Signor Franco dall'otto settembre del '43 fino al suo ritorno a Genova nel giugno del '44 (?). Nonostante tutto nel suo racconto non ho trovato astio a parte un accenno ai Savoia e alle autorità del Governo Badoglio che lasciato le nostre truppe in Grecia senza una direttiva. Più tardi penso di fare un altro commento.

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    1. Troppo buono Sig.Michele, una piccola rettifica, il mio rientro a casa fu nel novembre e non nel giugno. Lei è sempre buono con me e forse non sarò mai capace di manifestarle appieno la mia gratitudine come non sarò mai capace di manifestarla all'amico Giangiuseppe.......Voglio dirvi una cosa, da vecchia quale sono, ovviamente, esprimere un sentimento che non è più di questi tempi: Che Dio vi benedica per la stima che mi dimostrate e nonso se davvero ne sono degnio................

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  3. Questa è una vera ricostruzione storica: la Storia degli Uomini... Spesso nei libri di Storia troviamo, invece, una Storia "piegata" alle esigenze della cultura. Una osservazione personale da ex docente che ha dato al suo insegnamento un taglio "umano". Così ho avvicinato allo studio della Storia anche i più distratti.
    Bellissima pagina! Buon Natale!

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    1. Grazie Sig.ra Ponticello per quanto scrive che mi inorgoglisce anche perché non ho mai pensato di insegnare nulla a nessuno ma solo di invitare chi mi legge a meditare sulle vicende umano tristi o gioiose che siano per accostarci al nostro prossimo con comprensione e sincero0 amore.

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  4. Leggere i racconti di Franco Gentile è come immergersi dentro una pagina di storia e viverla in prima persona. Se a scuola sapessero insegnare la Storia ai ragazzi, introducendo lo stesso approccio narrativo di Gentile, si amerebbe di più questa materia così importante. Il ricordo lucidissimo di quegli anni e di quei momenti, che conserva Franco, ci fa anche riflettere sulla distanza generazionale tra i giovani di quella generazione, che hanno conosciuto la guerra, gli stenti, la paura e quelli dei giorni nostri fortunatamente meno esposti e disagiati. La sua intensa esperienza di vita costituisce, per Franco Gentile, una enorme patrimonio di ricchezza morale, umana e civile che caratterizza ogni suo intervento.

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  5. Forse l’articolo più bello sul Natale, che abbia mai letto nella mia vita.
    Man mano che leggevo, saliva la commozione e non ho nulla in contrario a confessarvi che alle parole “La preghiera, recitata con timorosa incertezza, da labbra più use alla bestemmia che a pregare, si levò come un alito di speranza verso il Dio della Misericordia; travalicò le pareti di tela” mi sono spuntate le lacrime.
    E sì, perchè mentre uno legge, mentalmente fa i conti con la propro vita, col proprio Natale di questi giorni e anche di qualche anno fa; e allora non so cosa succede dentro, ma sembra che il Natale che uno sta leggendo faccia parte di qualcosa che ci appartiene, di un mondo e di circostanze vissute magari da mio nonno Nino o da mio zio Francesco.
    L’umanità viene fuori in tutta la sua forza e il suo peso in racconti come questo, dove la sobrietà e la purezza della narrazione non fanno altro che mostrarci come tutti in fondo abbiamo qualcosa di buono nel nostro cuore.
    Ma poi, le tre arance come supplemento natalizio del rancio e quella fetta di panettone venuta dall’Italia sono come gemme preziose, come i regali più belli di Gesù bambino, come gli ornamenti più luccicanti da appendere all’albero di Natale.
    Se penso a quello che oggi si desidera, si commercia e si consuma nelle feste natalizie, dove l’iPhone, il Samsung S 6+, i prodotti di alta tecnologia, ma anche i pranzi e le cene, i cenoni, le vacanze in lussuosi alberghi e in posti dove ci sono temperature estive e lusso a mai finire , se penso come tutte queste cose NON riescano a saziare la fame di felicità dell’uomo e anzi lo rendono insensibile ai bisogni degli altri, mi sembra che le famose tre arance e la fetta di panettone di cui sopra abbiano un valore immensamente superiore .
    Ringrazio il sig. Gentile per averci fatto vivere il suo Natale del 1943, per averci commosso con la semplicità e la profondità del suo racconto.
    Una raccomandazione a tutti noi: che il nostro cuore possa battere per quelli che stanno peggio di noi , che possiamo fare diventare questo Natale il più bello della nosta vita facendo qualcosa per gli altri, magari donando un pasto caldo per chi non ha niente, e se non è possibile a casa nostra, donando qualcosa direttamente a quelli che organizzano eventi benefici come, ad esempio, Biagio Conte, nella nostra città di Palermo.
    BUON NATALE a tutti quelli che scrivono e leggono in PoliticaPrima.

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    1. Sig.Pepe, le Sue parole m'hanno fatto venire le lagrime agli occhi e non son riuscito a frenarle.La ringrazio per aver trovato nel mio scritto la vera essenza di quanto mi ha spinto a scrivere questo racconto che altro non è una estrapolazione di mio libro nel quale ho ricordato la mia esperienza bellica. Il Signore m'ha concesso la grazia di mantenermi lucido sebbene l'età avanzata e farmi comprendere ancora di più oggi di quanto l'umanità avrebbe necessità di una profonda analisi introspettiva per ritrovare un modo di vivere più umano e più ricolmo della necessaria comprensione della povertà e della sofferenza degli uomini spesso portati ad essere quello che il Creatore non ha dicerto immesso nella nostra ragione ma che, purtroppo, la nostra presunzione ha trasformato nel "modus vivendi" della attuale epoca. Grazie ancora per le sue parole.

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  6. Sig Franco,il suo, più che un articolo,è un nerboruto e commovente racconto. Ho 66 anni e non ho passato dunque le sue traversie, ma immagino cosa vuol dire per lei ricordare e rivivere un Natale da militare e prigioniero. Immagino anche le illusioni e le disillusioni provate per le vicende storiche che hanno portato voi alla guerra e poi alla sconfitta. Quel Natale per lei e per tutti gli italiani rappresenta uno spartiacque fra un Ventennio di educazione, entusiastico consenso e vita fascista e l'inizio di una nuova vita democratica volta a nuove speranze: speranze che purtroppo si sono tradotte in una triste e deludente realta'.La ringrazio per le emozioni che lei mi ha suscitato. Mi ricordano gli anni di prigionia di mio padre, trascorsi in un campo inglese. Egli è rimasto fascista fino al 1995, quando ad 84 è morto. Le rinnovo la mia stima e mi auguro che possa leggere al più presto un altro suo toccante racconto.

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    1. Grazie e in questo grazie c'è tutto quello che il mio animo vorrebbe manifestare di fronte ai giudizi così ricolmi di bontà.

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  7. Dr.Alesi non è la prima volta che Lei ha parole che mi lusingano mi gratificano e, sinceramente, mi solleticano l'orgoglio.Non mi ritengo né capace né in grado, culturalmente, di insegnare alcunché a nessuno, ma se quanto scrivo può aiutare gli altri a vivere una vita più naturale, reale e ricolma di attenzione per chi soffre senza colpa allora sono veramente appagato per l'utilità della mia fatica. Grazie per avermi dato l'opportunità di dire quello che ho detto.

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  8. Cara meravigliosa persona,la sua è vera storia vissuta che richiama alla mia mente la prigionia di mio suocero. Lui fu deportato in Germania per non aver voluto aderire alla repubblica di Salò. Grazie alla pazienza e all’amore di mio cognato dagli appunti che lui prendeva ne è nato il Diario di un internato militare italiano in Germania.Leggendo ciò che la sua esperienza vissuta ci ha donato ,ho potuto guardare la sofferenza di tanti nostri militari. Affiorano le stesse nostalgie,paure,ricordi.A lei voglio dedicare le parole di Guareschi compagno di sventura del mio amato suocero Prefazione all’opera Attenti al filo! di Alessandro Berretti
    “Spiegare che cosa sia la prigionia è perfettamente inutile:chi l’ha fatta lo sa,chi non l’ha fatta non lo può capire. Esistono due cose al mondo che non si possono descrivere. La fame,per esempio,è una di queste e lo stesso succede per la prigionia che è ancora più difficile da descrivere della fame in quanto comprende altre cento cose peggiori. La prigionia per comprenderla bisogna viverla e per ricordarla bisogna riviverla …………..Niente visioni panoramiche ma dettagli………Fango ,scarpe sfondate,piedi bagnati. Una grossa vescica sotto il tallone sinistro. Crampi allo stomaco………… Io credo che sia utile ricordare il male trascorso;ciò aiuta molto a sopportare i mali del presente e permette di ritrovare,tra le sofferenze trascorse,quei pensieri onesti e puliti che solo nella sofferenza possono vivere. “Signor Franco Gentile ecco lei fa parte della storia vera.la nostra memoria storica e le riconosciamo tutti pensieri onesti e puliti!infiniti auguri e grazie del prezioso dono natalizio.

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    1. Gentile Signora anche lei, oggi, mi fa piangere di commozione. Non credevo di saper suscitare, con le mie povere parole, certe reazioni e certe considerazioni. La ringrazio e le auguro, di vero cuiore, un Buon Natale per Lei e la sua famiglia.......come ho detto ad un amico cario ripetendo le partole di San Francesco: Il Signore volga verso di te il suo Volto!

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  9. Ho letto incantata commossa e stupefatta di tanta bravura nel ricordare i suo lontano Natale,sig.Franco...Il suo racconto è intenso
    e coinvolgente.Tutti dovrebbero leggere questo bell'articolo anche per l'eleganza ,l'umanità e la dignità con cui l'autore,conduce per mano il lettore nell'atmosfera di quel pezzo di storia travaglata e sofferente,da cui tante plausibili reazioni umane emergono insieme ai sentimenti migliori. Complimenti e un affettuoso BUON
    NATALE!

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    1. Gwent.ma emmaeg, La ringrazio per le sue espressioni veramente lusinghiere per me e ricambio di cuore i suoi auguri.

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  10. Signor Gentile, la ringrazio per aver raccontato una pagina della sua vita, che seppur dolorosa, testimonia la ricchezza dei sentimenti umani capaci che prevalere anche nelle situazioni più difficili ed inaspettate. La ringrazio anche perché, la sua storia, mi ha riportato alla mente, quella che il mio nonno materno mi raccontava da bambino. Lui, aveva fatto tutto il possibile per evitare quella guerra, fino a farsi arrestare dai carabinieri perché renitente alle armi ed inviato sul fron,te russo da soldato semplice, ferito in combattimento e medaglia di bronzo al valor militare, passò alle campagne in Abissinia e nord Africa, medaglia d'argento al valore e varie croci di guerra. Promosso sul campo al grado di ufficiale, fu inviato in Grecia, non ricordo la località. Proprio come lei, dopo l'8 settembre, si trovò costretto a scegliere se continuare a combattere al fianco dei tedeschi o essere internato in un campo di prigionia, con perdita della protezione della convenzione di Ginevra e quella della Croce Rossa, lui scelse di combattere, ma in realtà solo per poter scappare. Infatti, allentati i controlli, fuggì portando con se altri soldati lungo una via crucis fino in Albania,da dove con i suoi compagni di fuga, riuscirono a rientrare in Italia e poi a casa. Le pareti del suo soggiorno ospitavano i quadri con le sue medaglie, e per ognuna di esse una storia. Quella della sua disavventura in Grecia, me la raccontava spesso e per questo la ricordo maggiormente. Lo aveva sicueamente toccato più delle altre campagne. Signor Gentile, il suo racconto, così genuino e sofferto mi hanno ricordato mio nonno e una pagina di storia che consiglierei a molti di studiare per riscoprire valori che il tempo ha mascosto da troppo tempo.

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    1. La ringrazio per le Sue parole.Suo nonno ha rappresentato quella che era l'Italia di quei tempi. Purtroppo si sta distruggendo quello che era lo spirito innovatore di una Italia risorta dalle macerie provocate dalla guerra e da una guerra civile inumana e inconcepuibile. Le auguro di cuore Buon Natale!

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  11. Non mi ero accorto della bellissima pagina di storia scritta dal grande Franco Gentile che mi suscita tante risonanze emotive e commozione fortemente trattenuta per un racconto che potrebbe ripetersi con altri attori e per la stoltezza degli uomini. Caro Franco il tuo racconto mi ha fatto pensare alle storie dei miei zii e di mio suocero, anch'egli prima prigioniero in Grecia e poi deportato in Germania ed anche 2 miei zii, il terzo zio, Vullo Giuseppe come me, fini disperso in russia e non tornò più a casa, tutto questo grazie alla fetente monarchia savoia. Mi ha fatto ripensare anche, senza poter lontanamente paragonare alla tua eroica esperienza, il mio natale 1971 trascorso in garitta per un turno di 24 ore ad Ancona con i piedi congelati...ma questa piccola sofferenza e nel contempo ingiustizia subita dello stato, che patii allora...non era per me, ma per la mia famiglia fatta di sole donne, e che fui costretto a lasciare in una Palermo ancora sconosciuta, in quanto eravamo da poco immigrati da Agrigento...ma quella che mi turba di più è la storia di mio zio Giuseppe, giovane poco più che ventenne, sposino... appena in tempo a mettere incinta la moglie ed essere spedito con l'armir in Russia e non tornare più ! Ricordo ancora mia zia negli anni sessanta che ancora aspettava il marito. Tutto questo grazie a Mussolini ed ai savoia ! Non oso immaginare la fine di mio zio, giovane Siciliano di Favara...abituato al caldo delle nostre parti a fare marce forzate nella steppa russa ricoperta di neve...sotto le fucilate dei cosacchi ! Infatti di quella armata di 250 mila uomini, ne tornarono appena 70 mila ! Comunque grazie di essere testimone delle nefandezze del regime fascista e dei savoia che ci portarono al disastro e lasciando vigliaccamente i figli dell'italia abbandonati ed allo sbando ! Concordo con te e fai bene a ricordarlo che la guerra e la lezione della storia che gli uomini non impareranno mai ! Grazie di avercelo ricordato e buon natale !

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    1. Grazie a te per aver così egregiamente integrato l'intimo contebnuto del mio racconti, asso9lutamente vero, ci tengo a sottolienaearlo e nion frutto di fantasia. Pensa che meatà del mio battagliione reclute finì in Russia con la Divisdione Cosseria ed io scampai quel pericolo per il ritardo del treno che mi rioportava in caserma, richiamato d'urgenza dal comando mentre ero in licenza per sostenere gli esami di maturità che, alla fine non feci mai più e così mi toccò la Grecia.Oggi mi guardo attorno e dico: è vero, l'Italia era una dittatura e da quella bisiognava liberarsi e, onestamente, bisogna dire che riuscimmo a farlo solo per l'intervento alleato. Certo le cose sarebbero cambiate comunque dopo la guerra affrontata ma la ricostruzione di una Nazione ridotta in macerie fu altrettanto dolorosa e costò anciora innumeri sacrifci, Penso agli emigranti che a muigliaia lasciarono le loro case perché l'Italia era ormai un deserto. Ma, con la partecipazione pi+ù viva di tuttui, ci fu il riscatto ed oggi a noi, e non mi si creda presuntuoso se mi ci metto in mezzo,ben amminuistrati da uomini saggi la rimettemmo in piedi ed oggi, quelli come me sopravvissuti, sono costretti ad assistere allo smantellamento allegro di ogni conquista sociale costata quel sangue, quel sacrificio, quella volontà di risorgere da quattro implumi figli di papà che si arrogano, con l'aiuto di quella generazione di mezzo costituita solo da malnati delinquenti,il diritto di smantellare tutto in nome di una supremazia esclusivamente materiale distruggendo l'etica della costruzione di una comunità che viene costretta a rinnegare finanche la sua secolare storia di progresso.

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  12. Bellissima e toccante questa testimonianza che rende appieno quale dovrebbe essere il senso di questa giornata vissuta nell'attesa di un evento che porta ovunque un senso di gioia. Un tempo anche se non in un luogo così nefasto perché ero al sicuro di una casa, calda accogliente piena di affetti, si aspettava la vigilia con trepidazione e con grande allegria, non perché c'era papa' natale a portare i doni ma perché potevamo aspettare svegli l'ora che ci avrebbe condotti in chiesa. Era bellissima la messa della notte con tante luci canti e persone che esultavano come se davvero stesse per venire al mondo Gesù. Era bella anche la fine della funzione per lo scambio di auguri tra tutti noi che ci conoscevamo con i partecipanti. Oggi è tutto differente, non mancano i beni materiali perché almeno io che sono fortunata vivo in mezzo ad essi. Ma il mio natale è e resterà quello dell'infanzia e dell'adolescenza perché vivevo appieno la magia dell 'attesa. Auguri di cuore all'autore di questa bellissima testimonianza. Auguri a Giangiuseppe e a tutti voi. Buon Natale

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  13. Franco ha descritto esattamente quello che tre dei miei zii di parte materna. mi avevano già raccontato. I miei zii si chiamavano: Mario, Luigi e Francesco. Tutti e tre erano in Grecia e Albania nel 1943. Io nacqui in quell'anno, e per questo mi fu dato il nome di Mario, perchè non avevano più notizie dello zio Mario Perin. Un'altro mio fratello (nato nel 1940) fu chiamato Francesco..... sempre per ricordare mio zio Francesco Perin, che era stato mandato in Albania. Mio zio Luigi Perin, fu fatto prioniero e sperimentò i lager nazisti. Ebbero la "fortuna" di tornare tutti e tre per raccontare l'orrore della guerra e della prigionia. I miei zii. quando tornarono fecero dei mestieri durissimi, ma loro dicevano sempre che chi aveva fatto la guerra non temeva di lavorare in nessuna condizione. Erano gente forte, forgiati da esperienze che gli uomini non dovrebbero mai più fare.

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  14. Questo è il quinto articolo di Franco Gentile su PoliticaPrima. E molto numerosi sono i suoi commenti sui diversi argomenti trattati. Ma oggi è diverso. E non poteva esserci occasione migliore per regalarci un’altra bellissima storia, un’esperienza di vita illuminante, un Natale molto particolare che tocca l’anima. Non mi soffermo sull’articolo perché hanno scritto benissimo altri prima di me, ma solo voglio sottolinearne ancora l’essenza che racchiude in se il valore e il significato di una festa importante e unificante per buona parte degli esseri umani. E Franco con le sue parole ha segnato indelebilmente una pagina sublime.
    Si, perché Franco Gentile rappresenta per questo blog un valore aggiunto. Una sempre piacevole e interessante sorpresa. Una fonte d’esperienza, di fatti, di storia, di valori intramontabili.
    E se c’è una ragione che m’inorgoglisce, che mi spinge a continuare nella cura di questo blog, questa è rappresentata certamente dalla presenza di persone come l’autore di questo articolo. Un incontro virtuale per caso, inaspettato, una scoperta e uno scambio culturale proficuo e stimolante che dura da circa due anni.
    Grazie, caro Franco, grazie per esserci e per la generosità che ti contraddistingue.
    Buon Natale a te e ai tuoi cari, e Buon Natale ai lettori, agli autori, e tutti i frequentatori di PoliticaPrima.

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  15. La guerra è la lezione della storia che gli uomini non impareranno mai..la conclusione di questo racconto di vita che Franco Gentile ci ha voluto regalare è realtà.
    Con un linguaggio accorato e semplice, come sa fare bene ci ha trasportato a quel tempo che io non ho vissuto se non ascoltando i racconti di mio nonno paterno da bambina che nella sua bontà velava di avventura di eroi per non spaventati troppo.
    Erano quelli momenti in cui può accadere di tutto...la cattiveria diventa abnorme ma anche l'umana carità in un momento storico in cui l'umanità era inesistente...insignificante.
    Le parole dolenti, per la situazione che viveva, diventano parole di fede di preghiera e di speranza raccontate con la pacatezza che lo distingue, entrano nel cuore, nel mio almeno è allevano i piccoli o grandi dolori che possono esservi.
    Grazie Franco di aver voluto farci un così bel dono, che ci distacca un pò dall'egoismo, dall'indifferenza, dal qualunquismo che impera ai giorni nostri.
    Auguri di un Natale che i tuoi ricordi rendono più vero per tutti.
    Grazie

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  16. Son tanti anni che m'astengo di vomitare sentenze su persone che , in situazioni che non ho mai vissute, hanno preso decisioni che oggi non condividerei.
    Per me conta il massimo impegno per impedire situazioni simili in futuro, non l'inchiodare su dettagli di decisioni di 3/4 di secolo fa e che hanno agito , probabilmente, in buona fede , anche perché non potevano sapere fatti,che oggi conosciamo.
    Io sono antifascista e lo ero già nella gioventù, quando ho visto i comportamenti di gruppi d'ultra destra in germania, avevo 11 o 12 anni,non mi serviva altra lezione di storia per capire.

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    1. Sig.Schmailzi, non so se ho capito bene ma lei quando parla della "volontà di non vomitare sentenze" mi sembra voglia alludere alla decisione che qualche migliaio di noi ottanta anni fa prendemmo di trasformarci da soldati vinti, per la vigliaccheria di altri più che per nostro difetto, in lavoratori volontari pensando alla nostra sopravvivenza, in fondo avanza una critica alla nostra decisione, mi consenta di dirLe, con la franchezza che mi è nota, che non posso essere d'accordo con Lei. In fondo non ottenevamo la libertà ma solo di affrontare meglio l'esistenza che ci si prospettava. Non mi pento affatto di aver deciso come decisi perché non vi fu alcun disonore nel fare volontariamente ciò che, in fondo, coloro che non presero quella decisione facevano come noi e non significava dare così una testimonianza di "fede fascista" ma solo cercare una sicurezza diversa per l'avvenire meditando quotidianamente sul come sfruttare meglio quella parvenza di libertà che ci era accordata per sotrarsi al proprio ingrato destino non scelto volontariamente tanto è vero che, al momento giusto, essa servì a me e qualcun altro per tornarcene in Italia prima degli altri sia pure a costo di un pericolo direi da correre ogni minuto della vita. Il viaggio verso l'ignoto che il I° novembre 1944, io e altri due amici, iniziammo e che ebbimo la fortuna di concludere in una ventina di giorni non fu una passeggiata ma in quei venti giorni fu il districarci quotidiano da un filo spinato che lasciava profonde ferite. Se pensa che in venti giorni riuscimmo a mangiare solo tre pasti decenti e in una tensione distruttiva che si placò solo quando riuscii a bussare al portone di casa mia.Sarebbe lungo descrivere qui come compimmo quell'impresa. Chisà che un giorno non lo faccia, lho rivissuta nel mio libro di memorie di quel periodo.Non giudichi con leggerezza quelle decisioni esse, quantomeno, salvarono tanti disgraziati come me, che dopo aver compiuto il proprio dovere vennero brutalmente abbandonati alla mercè di forze che nessuno di noi era in grado, umanamente, di contrastare. Le auguro con sincerità e di cuore un felice 2016!

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  17. Ho letto tutto d'un fiato questo racconto di Franco Gentile.Mi permetto di proporre la diffusione più ampia possibile del racconto, per il suo splendore, la sua universale sostanza umana, la sua semplicità e chiarezza, per la sua profondità, per la lezione che ci dà. Grazie di cuore, Franco Gentile.

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  18. "Il sangue di un uomo, sparso per mano di un altro uomo, è troppo per tutti i secoli e tutte le genti ":questo scriveva Alessandro Manzoni e questo mi è tornato subito alla mente nel leggere questo articolo,di grande impatto emozionale. Ma, mentre da un lato si assiste alla totale negazione dei valori umani, al disprezzo della vita, al rifiuto della persona, dall'altro si impone, in tutta la sua grandezza, la voce del soldato che, con la corona in mano, recupera da quelle esistenze smarrite e calpestate, quel barlume di spiritualità che mai si spegne nell'animo, neppure quando il dramma più atroce vorrebbe annegare nell'odio il mormorio della coscienza.

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  19. Complimenti all'autore Franco Gentile, che ha descritto un episodio vissuto, sofferto e doloroso con una delicatezza che emoziona. In periodi come quelli che attraversiamo, a volte, si ha bisogno di leggere esperienze di vita per apprezzare ciò che abbiamo.

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