lunedì 6 giugno 2022

C’ERA UNA VOLTA… dalla favola alla realtà

di Torquato Cardilli - Secondo i racconti babilonesi, fin dai tempi dell’antichità, il narratore, per introdurre una favola, cioè una storiella in cui realtà e fantasia si sovrappongono, ha utilizzato la tipica espressione “C'era una volta…”
Pensando alla nostra politica interna questo incipit favolistico ci ricorda l’inizio di una romantica canzonetta, degli anni ‘20 del secolo scorso, che faceva così “C'eravamo tanto amati per un anno e forse più, c'eravamo poi lasciati non ricordo come fu…” perfetta per dipingere il quadro agitato dei rapporti interpersonali di due politici italiani.

Giovani, leader di belle speranze, ma di visione corta senza spessore strategico, hanno calpestato baldanzosi e trionfanti il palcoscenico della politica. Inebriati dal proprio successo e lusingati dagli applausi dell’oggi non hanno misurato l’indice della mutevolezza dell’appoggio popolare né previsto il drastico calo delle preferenze proiettato sul domani.

Entrambi hanno cavalcato l’onda della protesta contro il vecchiume di un regime fatto di favori e di protezione della casta, che non si curava delle vaste sacche di povertà e dell’inefficienza dello Stato.

Contro ogni previsione hanno superato il muro del 30% del consenso elettorale. Ma dalla cuspide della piramide che aveva fatto assaporare loro i vantaggi del potere e della comoda integrazione nel sistema, sono scesi velocemente a metà altezza, perdendo il primato sul versante di destra a favore di FdI e a sinistra a favore del PD.

Ora, dopo 4 anni di legislatura navigano a vista in acque basse e insidiose da piccolo cabotaggio col rischio di arenarsi.
I personaggi di questa storia facilmente individuabili in Di Maio e Salvini, alleati di governo nel 2018 per la nascita del primo esecutivo Conte, che li ha gemellati nella carica di vice presidenti del Consiglio, sono stati addirittura santificati a Roma in un murale, prontamente rimosso, in una posa di bacio sensuale.

Dopo appena un anno di vita insieme, con continue punzecchiature di spillo, si sono separati con attestati di disistima reciproca.

Nel secondo governo Conte, Salvini, estromesso dopo l’incidente del Papeete, è rimasto all’opposizione per custodire il cospicuo tesoretto di voti appena conquistato nelle Europee del 2019. Convinto di poter tornare al tavolo di Palazzo Chigi, con maggior forza negoziale, ha partecipato al tiro al piccione contro il Governo, organizzato da Renzi, per un rimescolamento di carte. Risultato? L’ennesima soluzione tecnica con il timone affidato al mago della finanza Draghi, con il compito di completare la battaglia anti Covid e assegnare le fette della torta del PNNR conquistata dal predecessore.

Pur di riportare la Lega al Governo Salvini si è accontentato di mandare avanti figure di secondo piano come Garavaglia e Stefani con l’incarico di marcare Giorgetti che, in più di un’occasione, aveva assunto un atteggiamento ed un linguaggio diverso.

Da parte sua Di Maio non ha fatto di meglio. Pur di conservare la poltrona di Ministro degli Esteri ha accettato il drastico ridimensionamento della presenza del M5S nel Governo con la perdita di ministeri chiave, la postura a sogliola verso il Premier e una politica di taglio opposto, tradendo le speranze del più largo gruppo parlamentare e di milioni di elettori.

La rivalità tra i due, sempre esistita a livello latente, è sfociata in pesanti frecciate pubbliche prima in occasione delle manovre per l’elezione del Presidente della Repubblica e più recentemente sulla guerra in Ucraina.

Entrambi, ignorando il principio basilare della diplomazia secondo cui un piano di pace credibile, come base di trattativa, può essere presentato solo da chi è autorevole e estraneo al conflitto, con improvvisazione e dilettantismo hanno scelto di avventurarsi segretamente nel percorso di suggeritori negoziali, indisponendo, come ragazzacci fastidiosi, il Presidente del Consiglio che ha liquidato con espressioni taglienti le loro iniziative.

Salvini, nella sua smania di apparire, non curante di essere stato pubblicamente ridicolizzato da un sindaco polacco, ha manifestato l’intenzione di fare un viaggio a Mosca, organizzato da un oscuro ex deputato di FI, dopo ripetuti contatti con l’ambasciatore russo a Roma che aveva appena subito l’espulsione di 16 funzionari di Ambasciata decretata da Di Maio.

L’annuncio aveva messo in ambasce la Nato e l’UE per il pericolo di sfarinamento della compattezza della solidarietà occidentale, ma con il passar dei giorni l’ingenuità della proposta salviniana ha suscitato l’ilarità delle cancellerie di mezzo mondo, compreso l’austero Cremlino.

Da parte sua Di Maio, per far vedere che esiste, ha pensato altrettanto ingenuamente di scodellare un piano di pace nelle mani del Segretario generale dell’Onu Guterres senza che tutto il Governo, i partiti della coalizione di maggioranza, il parlamento e il Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal Capo dello Stato, ne fossero a conoscenza.

Insomma un testo fantasma sulla cui difesa Draghi, che aveva espresso ben chiaramente gli impegni assunti con Biden e quale fosse la posizione italiana di aiuto militare all’Ucraina, di totale adesione alle sanzioni contro il regime di Mosca, contro l’economia russa e l’agiatezza degli oligarchi, volute dagli USA GB, NATO e UE, non ha speso nemmeno una parola.

Sul piano interno questi due leader una volta alleati ed ora nemici con il piombo nelle ali, condividono il rischio politico di essere fatti fuori. Aspettano, tra pochi giorni, l’uno la caduta dell’altro con inevitabile resa dei conti nel proprio schieramento.

Di Maio auspica la sconfitta di Salvini nei 5 referendum, per ridimensionarne fortemente il peso politico, mentre Salvini conta sul disastro elettorale del M5S nelle consultazioni amministrative.

Quanto alle conseguenze della guerra aperta russo-ucraina, come diceva Eschilo solo chi ha sofferto è in grado di capire. Questo insegnamento è totalmente estraneo al modo di pensare dei guerrafondai, comodamente al riparo da ogni privazione e ristrettezza.

Biden, Johnson, Stoltenberg, Von der Leyen, Metsola, Michel e a seguire gli altri europei fatta eccezione per Orban, tutti uniti contro Putin restano indifferenti di fronte allo scontro militare che continua a seminare morti e devastazioni.

Questi leader fanno corona a Zelenski e parlano in modo incosciente solo di totale e devastante sconfitta della Russia, di vittoria dell’Ucraina di restaurazione della sovranità ucraina sulla Crimea.

Anche Putin non scherza in fatto di minacce missilistiche e nucleari e di risposte sul terreno alle ingenti perdite subite con la distruzione al suolo di intere città cannoneggiate di continuo da terra, dal mare e dall’aria.

Atteggiamenti incoscienti che non tengono conto del fatto che il peso delle sanzioni e i sacrifici del riarmo ricadono immediatamente sui popoli europei, preoccupati dalla prospettiva di un lungo periodo di privazioni che eroderanno profondamente il proprio benessere, già danneggiato dalla carenza di risorse, dall’inflazione (di cui si era persa conoscenza da venti anni), dal raddoppio del costo dei carburanti e delle derrate alimentari, dalla distruzione di migliaia di posti di lavoro dall’agricoltura alla pesca, all’industria e al turismo.

E all’orizzonte si addensano nubi nere di rivolta di milioni di persone a rischio di fame per l’assenza dei cereali che fino ad ora li avevano sfamati.

Torquato Cardilli

6 giugno 2022

10 commenti:

  1. Giuste e condivisibili argomentazioni. Antonio Nardone

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  2. Per questi due tipi "Zero e va zero un cantaru e vinticincu" l'inizio potrebbe essere C'era na volta un re befe viscotti e mene'. Due esseri inutili ma tra i due, pur apprezzando il M5S, se dovessi scegliere tra i due chi buttare giù dalla torre paradossalmente lascerei appeso il leghista

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  3. Il solito spietato lucido analista de noantri... Preciso come un bisturi nelle critiche alle politiche nazionalpopolari, (pienamente d'accordo ma non che Renzi berluscoso e melloni e letta letta siano mr. fenomeno, parliamoci chiaro) e delle sceneggiate penose a livello di UE e NATO, il nostro all'improvviso perde la memoria nonché il ben dell'intelletto quando si tratta di dare il suo ALLA VERA E SOLA CAUSA DI TUTTA QUESTA CARNEFICINA: VLADL'IMPALATORE IN ARTE PUTIN.
    Qui il nostro s'inceppa, dimentica, accenna, sorvola, si limita a farnetica re di "minacce missilistiche e nucleari". MINACCE MISSILISTICHE?!?
    MA di che caxxo sta parlando.
    Usi le parole per quello che sono, caxyo, si chiama DISTRUZIONE DELL'UCRAINA.
    se io vengo da lei e la prendo a sberle, non sono MINACCE DI SBERLE, sono sberle.
    Con ossequio.

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  4. Io credo che l'immagine di copertina sia un'ottima foto per indicare in maniera convincente l'area di raccolta rifiuti indifferenziabili

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  5. Giovacchino Tesconi7 giugno 2022 alle ore 10:06

    Di Maio sta al movimento 5 stelle come Renzi sta al PD, con una grande differenza però, Renzi si arricchisce con - CONFERENZE,- approfittando del fatto che la legge lo permette mentre Di Maio è riuscito ad impoverire tutto il paese e a rovinare tutte le imprese italiane e a tradire i suoi elettori che vorrebbero veder finire in galera il politico ladrone e non il povero pensionato che ruba un panino per sfamarsi.

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  6. Di Maio non è come Salvini già vi siete dimenticati le cose buone che ha fatto e non ruba!

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  7. Bella coppia ....il Cazzaro e il poltronaro...

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    1. Nicola Barilaro, cazzaro e poltronaro sono le due qualità della stessa persona, il capitone!
      Ne trovi un'altra per Di Maio perché lui non è né cazzaro e né tantomeno poltronaro!

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    2. Liliana, dal 2018... con tre governi diversi lui è sempre in poltrona... aggiungo è anche infedele e maligno

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