martedì 24 agosto 2021

BIDEN ALLA RITIRATA DELLA BERESINA

di Torquato Cardilli - Qualcuno ha definito il disastro politico e militare dell’America in Afghanistan, e dei suoi serventi alleati, come la disfatta napoleonica di Waterloo. Invece, se un paragone storico può essere fatto, esso assomiglia più alla disastrosa ritirata sul fiume Beresina, il peggiore insuccesso militare della storia contemporanea.

A Waterloo Napoleone si batté come un leone, nonostante la grave inferiorità numerica in cavalleria, fanteria e artiglieria rispetto agli inglesi e soprattutto ai prussiani il cui arrivo sul campo di battaglia fu decisivo.

Alla Beresina, incalzato dai russi, fu costretto a ritirarsi come un invasore sconfitto, in un caotico disordine, con pesanti perdite, lasciando nelle mani del nemico i cannoni che erano stati portati in Russia con fatica. Non per nulla, da allora, il termine “Beresina” è usato dai francesi come sinonimo di catastrofe.

Ed è proprio questa la definizione che è stata usata anche da alcuni Governi amici e dagli operatori dell’informazione favorevoli in passato al presidente degli Stati Uniti, per qualificare il fallimento della politica americana che ha visto sgretolarsi in meno di una settimana, come una diga di sabbia, l'esercito regolare afgano di fronte alla trionfante avanzata dei Talebani.

La guerra in Afghanistan (non è stata una missione di pace o di polizia come hanno voluto far intendere in tutti questi anni i governi italiani con la stampa al seguito) è stata decisa e portata avanti, accumulando errori strategici e politici, da quattro presidenti americani (due democratici e due repubblicani) compreso quello insignito con il premio Nobel per la pace.

E tutti i guai di oggi discendono da quella scellerata decisione di 20 anni fa, come sottolineato da alcuni veterani di guerra e dai familiari dei caduti, che di fronte alla riconquista talebana dell’Afghanistan si sono chiesti se i morti, i mutilati, i sacrifici, le spese e le sofferenze subite siano state utili al paese ed alla pace.

La caduta di Kabul, mentre il presidente afgano, vero Quisling asiatico, con famiglia molto benestante residente negli Stati Uniti, fuggiva all'estero, è avvenuta in modo così repentino e caotico da superare il disonore dell’abbandono di Saigon nel 1975.

La ritirata era stata decisa e concordata da Trump con i Talebani a Doha, capitale del Qatar, l'anno scorso; quindi c'era tutto il tempo per evitare l’ignominia, resa ancora più cocente per la palese violazione della promessa pubblica di Biden di mantenere la presenza militare nel paese fino a quando l'esercito afgano non fosse stato in grado di difendersi da solo.

Le critiche più dure riguardano quindi non solo la decisione del ritiro, ma le sue modalità che hanno evidenziato il totale fallimento dell'intelligence americana, della Nato e dei singoli alleati.

Se questi specialisti dello spionaggio, in base alle loro informazioni e stime, sapevano che tutto sarebbe crollato perché non lo hanno detto a Biden? E se glielo hanno detto, perché non gli hanno impedito questa catastrofica scelta? Sapendo della data ultimativa perché non hanno messo in piedi per tempo il cosiddetto “contingency plan” cioè il piano di emergenza obbligatorio per fronteggiare ogni crisi? Se invece non lo sapevano allora le cose cambiano e in peggio, perché hanno dimostrato di essere una banda di incoscienti e di incapaci.

Ma oltre alla inettitudine dell’intelligence, vi è un’altra colpa che investe la catena di comando militare.

In ogni scuola di guerra l’abc delle operazioni da fare in caso di ritirata è quella di bruciare i cifrari, mappe e documenti, distruggere o sabotare e rendere inservibile ogni tipo di struttura, di armamento, di rifornimenti, magazzini che vengono abbandonati.

Invece gli americani nella fretta di mettersi in salvo nella ridotta dell'aeroporto, hanno lasciato indietro intatti, affidandoli all’inaffidabile esercito regolare afgano, oltre due mila automezzi blindati e cingolati, migliaia di fucili mitragliatori, centinaia di casse di munizioni ancora sigillate, missili terra aria, alcuni elicotteri e droni, e tutta la documentazione operativa contenuta in centinaia di pc e tablet. Il tutto caduto nelle mani dei Talebani, dato che l’esercito afgano si è squagliato come neve al sole d’agosto.

Sembra, leggendo i commenti della stampa americana (dal New York Times, al Wall Street Journal) che Biden sia stato criticato senza pietà dai repubblicani e abbandonato dai colleghi del suo stesso partito e da eminenti commentatori politici democratici.

La cosa peggiore è stata la sequela delle sue apparizioni in televisione per spiegare alla nazione che le colpe di questo ritiro disordinato e catastrofico nascono dagli impegni presi da Trump e non dalla sua incapacità di prevederne le conseguenze.

E’ apparso come un comandante sconfitto, invecchiato e malfermo sulle gambe, poco lucido, che non si rende conto della gravità della sua decisione, che tenta di coinvolgere nella responsabilità la sua Vice e il Segretario di Stato, nonché gli alleati (averli informati a cose fatte non significa aver condiviso le decisioni), che scansa l’onta addossando ai negoziati del suo predecessore la scelta della tempistica della ritirata senza condizioni, secondo gli accordi di Doha.

La sua giustificazione insistente è stata quella di voler riportare a casa prima dell'anniversario del ventennale dell’11 settembre tutti gli americani soldati, regolari, e civili (definizione che nasconde quella di contractors, cioè mercenari) quasi 15 mila persone.

Tutto è andato nel peggiore dei modi, un vero disastro di pianificazione e ciò che aggiunge sale alla ferita dell’onore è proprio il fatto che gli Usa hanno fatto tutto da soli, senza coinvolgere nel negoziato la Nato e il governo afgano, senza chiedere nemmeno un parere agli alleati, che ora sono molto delusi ma che non si sono ribellati per non essere stati coinvolti dopo 20 anni di sacrifici nelle stesse trincee e dopo aver raccolto i propri caduti.

L'ambasciatore americano ha lasciato l'Afghanistan per primo, seguito a ruota, per un ordine disonorevole della Farnesina, da quello italiano, alle prime avvisaglie del disastro mentre quello inglese è rimasto sul posto a far compagnia ai colleghi russo, cinese, turco, pakistano, indiano qatarino, saudita ecc.

I primi rimpatri americani sono avvenuti tramite giganteschi aerei Hercules, capaci di trasportare 500 persone per volta, diretti negli Stati Uniti cioè ad una distanza di parecchie migliaia di chilometri. Errore strategico madornale. L’evacuazione avrebbe dovuto essere realizzata con aerei navetta di 100 posti ogni 10 minuti diretti nelle basi americane dei paesi vicini del Golfo per sottrarli subito al regime talebano e poi trasferirli con calma in America.

E’ rimasta solo una settimana prima della scadenza fatidica e c'è da aspettarsi che si ripetano in peggio le scene di disperazione di quanti saranno lasciati indietro, di cui non c'è né una lista, né una stima credibile.

In questa situazione due premier europei intendono fare la figura della mosca cocchiera. Il primo ministro inglese pretende che il G7, convocato in sessione straordinaria (ovviamente senza la presenza di potenze che potrebbero avere voce ed influenza per motivi geografici e politici, Russia, Cina, India, Iran, Pakistan, Turchia) chieda fermamente agli Stati Uniti di far ingoiare ai Talebani una proroga oltre il 31 agosto, mentre quello italiano vuole sfruttare l'occasione della riunione del G20 per la firma del solito comunicato che resterà lettera morta.

Come se non bastasse tutti i paesi dell'Unione Europea si muovono in ordine sparso, alcuni erigendo muri o barriere di filo spinato, nella confusione più assoluta in merito all'accoglienza da dare o da rifiutare ai rifugiati.

Da parte italiana mentre i parlamentari hanno passato giorni e sedute a accapigliarsi sull'uso delle mascherine non c'è stata nessuna riunione specifica dedicata ad un esame approfondito e a un dibattito all’emergenza Afghanistan o riunione del Consiglio Supremo di difesa (convocato per l'ultima volta il 27 ottobre dell'anno scorso) per ascoltare in modo completo i ministri degli esteri e della difesa che si sono fatti cogliere impreparati dallo sviluppo degli eventi e dal mancato coinvolgimento nelle trattative americane con i Talebani.

Come nota di colore non resta che aggiungere un cenno alla figura patetica che fanno i vari politici italiani, intervistati per strada o nei talk show, che pretendono addirittura di dare le istruzioni sul da farsi agli altri paesi senza avere alcuna voce in capitolo.

Torquato Cardilli
24 agosto 2021

4 commenti:

  1. Salvatore G. B. Grimaldi25 agosto 2021 alle ore 06:41

    Vi sfuggono molti dettagli. A cosa mira Biden e cosa lanciano oltre confine, sperando di salvarli? Bambini. Studiate la storia del personaggio, che l'emocromo sintetizzato non va bene, la Chiesa e Vaticano perde i colpi. Gli Scout e lo Scout Center, con tanto di inceneritore di prove e accordi, con associazioni, con bimbi e problemi ed eccoci qui. I giudici, magistrati, altri. Corrotti fino al midollo. Poi le App. Identificazioni video e fotognomiche e li trovi ovunque. Bella la tecnologia. Risolve tutto, anche casi insabbiati; dal deep web e oltre. �� Come i cadaveri vengono a galla, anche dal Deep web, nonostante tutto, ogniuno per il suo ID, si vede arrivare foto e video; condivisi con gli amici e amiche di merende. Su mobile, tablet e ovunque. Buon divertimento. https://youtu.be/sN4rEOGMPc8https://youtu.be/sN4rEOGMPc8

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  2. Inconsistente come figura, gli americkani dai gusti forti alla Trump o decisi come Obama, si sono ridotti al nulla di Biden!

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  3. Invece sta portando a fine un gran lavoro prima della fine di questo mese. Vi ricordo che questa guerra non è stata lui ad iniziarla e non stato lui che ha detto che si doveva ritirare, lui a seguito alle parole i fatti

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  4. Maria Luisa Continella28 agosto 2021 alle ore 09:09

    La guerra in Afghanistan è stata un susseguirsi di errori strategici e politici devastanti!!!

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