domenica 25 luglio 2021

DALLA BONAFEDE ALLA MALAFEDE IL PASSO È STATO BREVE

di Torquato Cardilli - Nell’iliade di Omero c’è una figura di un certo rilievo, la mitica figlia di Giove dea dell’ingiustizia Ate, che fu scagliata con violenza sulla Terra proprio dal padre degli dei che da lei era stato ingannato, e perciò condannata a vagare sulle teste degli uomini accecandone l’intelletto, per portarli dritti alla rovina. Fu infatti Ate a lanciare il pomo della discordia tra le maggiori dee greche, raccolto dall’ingenuo Paride che innescò una serie di tragici avvenimenti che avrebbero portato alla sanguinosa guerra di Troia.

Anche nell’Italia di oggi c’è una dea Ate, impersonata da Marta Cartabia nominata da Mattarella ministro della giustizia.

Chi è la Cartabia? Chiedetelo in giro ai vostri conoscenti e sentitene le risposte. E’ una costituzionalista, giurista e accademica che ha passato gli anni affogata nei libri e nella teoria senza un confronto diretto con la realtà italiana, senza aver mai messo piede in una Corte d’appello, senza aver mai istruito un processo, senza essersi mai confrontata con i cavilli degli avvocati dei delinquenti il cui obiettivo primario è l’assoluzione dei loro assistiti, ma in caso di condanna in primo grado l’obiettivo diventa la prescrizione.

Nel 2011 è stata nominata dal presidente Napolitano giudice della Corte Costituzionale, in quota rosa in sostituzione di Maria Saulle, deceduta mentre era in carica. A settembre 2020 è uscita dalla Corte, di cui era diventata presidente, per scadenza del mandato di nove anni e quindi bisognava trovarle, nel giro di pochi mesi, un posto adeguato al titolo di merito di essere stata nella Corte insieme a Mattarella.

La settimana scorsa in consiglio dei ministri ha presentato una riforma della giustizia, approvata all’unanimità, che smantella quanto fatto dal suo predecessore Bonafede, reintroduce la prescrizione istituendo addirittura la figura della non procedibilità, per cui un imputato condannato in primo grado, se entro due anni non riceve una condanna definitiva diventa libero senza però essere stato assolto.

I ministri 5 stelle, che dopo un’inutile, finta, trattativa l’hanno votata, si sono fatti infinocchiare approvando il contrario della giustizia, rivelandosi vili, incapaci, pavidi e inadeguati.

Senza approfondire la materia, senza ricorrere ad esperti del settore, hanno creduto alla falsità inaudita riassunta nel mantra “ce lo chiede l’Europa per finanziare il recovery fund” mentre è vero il contrario: l’Europa ha elogiato la riforma Bonafede chiedendo solo uno sveltimento dei processi senza stravolgere il principio di equità secondo cui la giustizia è nata ed esiste per risarcire moralmente e materialmente la vittima e non per premiare il reo che anzi va punito. Sveltimento dei processi vuol dire miglioramento delle procedure, rafforzamento delle strutture, corposo aumento degli organici, riti alternativi, ma certo non la cancellazione dei processi. Basta pensare per un istante che grazie alla stratificazione di norme procedurali anacronistiche, tutte in funzione del garantismo verso l’imputato, che richiedono l’attivazione concreta di molti magistrati PM, GIP, GUP, occorrono atti scritti di migliaia di pagine la cui elaborazione e redazione richiedono mesi di tempo a molte persone.

Una domanda a questo punto è obbligatoria: la nuova riforma favorisce l’applicazione della giustizia in favore della vittima del reato o al contrario costituisce un premio per il delinquente?

La destra presente nel Governo (FI, e Lega), spalleggiata dai transfughi di Italia viva, sempre all’affannosa ricerca di visibilità, che per anni ha suonato lo stesso tamburo della “certezza della pena” ora solo per dare addosso ai 5 stelle ha cambiato strumento per suonare la cornetta dell’abolizione della legge Bonafede e realizzare l’improcedibilità che vuol dire impunità.

La sorte con puntuale e beffarda ironia ha voluto aprire occhi ed orecchie degli elettori perché in contemporanea con la proposta di riforma gli ex parlamentari di Forza Italia Cosentino e D’Alì sono
stati condannati in appello per corruzione rispettivamente a 10 e 6 anni di carcere (Cosentino deputato ininterrottamente dal 1996 al 2013, già sottosegretario all’economia nel Governo Berlusconi, e D’Ali senatore ininterrottamente dal 1994 al 2018, già sottosegretario all’interno sempre con Berlusconi).
Questi due politici che con la legge Cartabia l’avrebbero fatta franca, sono ora invece destinati a fare compagnia nella galera ai vari colleghi di partito dell’Utri, Previti, Galan, Verdini, ecc.

Occorre a questo punto evidenziare l’opportunismo e la contraddittorietà della Lega che con Salvini in testa diffonde lo slogan “con la Lega chi sbaglia paga” ed invita a firmare per i referendum sulla giustizia rivolti ad intimorire i giudici e a premiare come al solito i delinquenti.

Il sistema giudiziario italiano (Procure, Tribunali, Corti d’appello, Corte di cassazione, Carceri) è come una piantagione malata che da più frutti bacati e marci di quelli buoni. Ed allora anziché curare gli alberi che possono essere salvati cosa si fa? Si butta tutto il raccolto senza aver curato la causa del male.

È per questo che il Ministro Cartabia ha visto pioverle addosso critiche da ogni dove: magistrati di peso come Cafiero de Raho, Gratteri, Di Matteo, Scarpinato, Albamonte, Grasso, Frasca, Caselli, Tescaroli, Villone, Sabella, Dolci, Riello, Teresi, ANM, CSM, ecc. hanno giudicato la sua riforma come una picconata al principio costituzionale (art.112) della obbligatorietà e della irretrattabilità dell’azione penale, un “tana libera tutti”, un’amnistia velata anche per gravi reati di mafia o di sicurezza di cui a trarre vantaggio non è la vittima del reato, non è il paese, non è il rispetto delle regole, non è la stabilità sociale, ma solo il responsabile del reato.

La Cartabia ha risposto in parlamento mentendo quando ha affermato che l’improcedibilità non riguarda i processi di mafia dato che dalla riforma sono esclusi i reati da ergastolo.

Delle due l’una: o il ministro ha dimostrato la sua incompetenza oppure ha nascosto la sua malafede perché l’attività mafiosa prima di arrivare all’omicidio attraversa un ventaglio larghissimo di reati punibili con pene ben al di sotto dell’ergastolo come l’associazione mafiosa, il concorso esterno, l’estorsione, le minacce, la turbativa d’asta, la corruzione, il traffico dei rifiuti, il voto di scambio, il riciclaggio, il traffico di stupefacenti, violazioni fiscali ecc.

La giustificazione per l’affossamento della riforma Bonafede è incentrata sulla lentezza della giustizia, sulla enorme durata dei processi, sull’affollamento carcerario.

I processi in Italia sono lunghi? Verissimo. La condanna o l’assoluzione definitiva possono arrivare dopo dieci anni? Vero.

L’abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio significa processo eterno? No significa che il condannato non ha più interesse a tirarla per le lunghe, accetta il patteggiamento e il processo si conclude rapidamente con una pena inferiore al previsto.

Le carceri scoppiano? Altrettanto vero, ma anziché prendere atto che per 30 anni l’edilizia carceraria è stata ferma e che occorre un piano di ammodernamento e costruzione di nuovi edifici, cosa si fa? Si mandano liberi i detenuti e si evita che nuovi delinquenti vi entrino. Intelligente, no?

Si dice che con i fondi europei saranno incrementati gli organici giudiziari (magistrati e giudici, personale di cancelleria, personale d’ordine) e ammodernate le metodologie informatiche, ma si dimentica di dire che la formazione e la nomina di magistrati e di cancellieri non è cosa che si fa con immediatezza: bisogna passare attraverso severi concorsi selettivi che impiegano non meno di un paio d’anni per ottenere un rinforzo dei ruoli di migliaia di unità.

Dunque andando al sodo, fino a quando non ci fosse un raddoppio degli organici e un ammodernamento delle strutture e delle procedure antiquate disegnate quando le comunicazioni tra Uffici o le notifiche avvenivano per motociclista, con questa riforma centinaia di migliaia, avete letto bene, centinaia di migliaia di processi andranno al macero con spreco di soldi delle tasse degli italiani e frustrazione delle professionalità impiegate a vuoto dagli organi di polizia, magistrati di istruzione, magistrati giudicanti, mentre sarà negata la giustizia alla vittima del reato.

Dire che dopo due anni esatti dalla condanna in primo grado il processo diventa improcedibile è come dire che il treno Roma-Milano, che deve impiegare sulla carta 3 ore e 45 minuti, se dopo tre ore e 46 minuti non è arrivato a destinazione si ferma per sempre, diventa improcedibile, e i passeggeri debbono scendere in aperta campagna sotto le intemperie anche se hanno pagato il biglietto per un servizio che viene loro negato da una disposizione cervellotica.

Questa riforma della giustizia avrà una sola conseguenza: ogni processo date le condizioni attuali è candidato a concludersi nel nulla decretando il più grave fallimento dello Stato di diritto e negando giustizia alle vittime dei reati che siano persone fisiche o società, enti, erario ecc.

Al progetto che scardina la legge Bonafede ha impresso il suo sigillo autoritario il Presidente del Consiglio che in una conferenza stampa ha incespicato sulla disponibilità a modifiche e sulla questione di fiducia. Cioè, prima ha detto che il Governo è aperto al dialogo e a modifiche tecniche e poi ha affermato di aver già ottenuto all’unanimità l’autorizzazione del Consiglio dei Ministri a porre sul provvedimento la questione di fiducia. Anche qui i ministri 5 stelle hanno dato prova di pusillanimità perché la questione di fiducia viene accettata al buio ancor prima di esaminare le richieste di modifica. 

Poi Draghi si è corretto ed ha ammesso che dopo le modifiche parlamentari chiederà una nuova autorizzazione alla fiducia.
Ma chi è Draghi. Tutti sanno che è calato al posto di Conte per volere del Presidente Mattarella direttamente dallo scranno di presidente della Banca Centrale Europea.

Durante una trasmissione condotta su Rai1 alcuni anni fa dal giornalista Giurato (tuttora reperibile in originalequando-cossiga-si-scaglio-contro-draghi), l’ex presidente della Repubblica Cossiga disse le seguenti parole nei suoi confronti: “È un vile, un vile affarista, non si può nominare presidente del Consiglio dei Ministri chi è stato socio della Goldman & Sachs, grande banca d’affari americana. E male, molto male, io feci ad appoggiarne, quasi a imporne la candidatura a Silvio Berlusconi, male 
molto male“. Cossiga poi rincarò la dose: “È il liquidatore, dopo la famosa crociera sul “Britannia”,
dell’industria pubblica, la svendita dell’industria pubblica italiana quand’era direttore generale del tesoro e immaginati che cosa farebbe da presidente del Consiglio dei Ministri svenderebbe quel che rimane: Finmeccanica, l’Enel, l’Eni”.

Se in consiglio dei ministri ci fossero elementi con la schiena dritta potremmo celebrare un altro 25 luglio, ma non sarà così.

Torquato Cardilli
25 luglio 2021

16 commenti:

  1. Non sarà nemmeno così... Vedremo

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  2. Ciellina e in quota rosa, ecco i titoli fondamentali della Cartabia. Il colpo di genio: se vieni condannato e la sentenza in secondo grado non arriva entro 2 anni e 5 mesi ti mandiamo a casa come se non fosse successo nulla. In che mani siamo? Delinquenti di tutto il mondo unitevi e venite in Italia qui c'è comunione e LIBERAZIONE.

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  3. E dove sarebbero questi elementi con la schiena dritta? Vedo solo tanta gente che........ "tiene famiglia"

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  4. In Italia tutto è in malafede

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  5. Complici giornali e televisione che schifo

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  6. Chissà cosa c'era di male nella riforma BONAFEDE, se le persone sono Oneste non devono temere nulla.

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  7. Questo succede quando si vanno ad occupare le alte cariche dello Stato non per merito ma per raccomandazione politica.

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  8. LA GIUSTIZIA E I LADRI NEL POLLAIO
    di Gaetano Pedullà - 24 Luglio 2021
    Fermiamoci a osservare i fatti: è bastato che i giornali online forzassero una dichiarazione della ministra Dadone (sai che novità quando parlano i 5 Stelle) per mettere in agitazione il piano nobile di Palazzo Chigi, al punto che poco dopo la stessa ministra doveva correggere il tiro, rinviando alla mediazione di Conte ogni decisione su una possibile uscita dei 5S dal governo in caso di approvazione della riforma Cartabia senza sostanziali cambiamenti. Dunque, l’eventuale fuga del Movimento dall’attuale maggioranza è un evidente problema, anche se – nel caso si realizzasse davvero – non basterebbe ad impedire l’approvazione di una legge quadro sulla Giustizia.
    E se i parlamentari pentastellati se ne andassero all’opposizione sarebbe il liberi tutti, con il via libera non agli emendamenti migliorativi, bensì a quelli peggiorativi della norma. Un assaggio lo si è visto proprio ieri, quando Forza Italia ha tentato di infilare nel testo il depotenziamento dell’abuso d’ufficio, che non c’entra nulla con il progetto della stessa Cartabia. Allo stesso tempo, su tavolo altrettanto importante del Recovery Plan, il girotondino Enrico Costa (già berlusconiano, poi con Alfano, ora con Calenda e domani chissà) ha aperto un nuovo fronte per provare a smontare la legge Severino. Perciò, otterranno anche poco, ma senza i 5 Stelle la riforma della Giustizia diventerebbe un incubo per chi ha un briciolo di valori della legalità, mentre per tutti gli altri sarà una festa.
    Ora è chiaro che di fronte a un compromesso che toglierà qualcosa alla legge Bonafede, la reazione più ovvia è di mandare tutti a quel paese, e di mettersi a gridare alla luna mentre i ladri fanno razzia nel pollaio. Ma fare politica, e soprattutto portare a casa dei risultati, è un’altra cosa, e quindi prima di minacciare il ritiro dei ministri e lasciare campo libero, va capito bene cosa si può salvare. In tal senso nei giorni scorsi scrivevo che “chi molla la riforma Bonafede è complice”, e non cambio idea, ma se si trovasse l’accordo su una ventina dei 917 emendamenti presentati dai parlamentari del Movimento molti degli effetti della norma scritta dall’ex guardasigilli M5S si salverebbero, a partire dai tempi ben più congrui per non far finire i processi in prescrizione.
    La proposta della Cartabia, pur migliorata dopo il primo vaglio in Consiglio dei ministri, prevedendo appena due anni in Appello e uno in Cassazione prima dell’improcedibilità (e cioè del perdono), di fatto è una gigantesca amnistia mascherata, con la particolarità di poter essere approvata senza che i promotori ci mettano la faccia nel dire agli italiani che stanno mandando a casa migliaia di delinquenti. Sullo spirito della riforma Bonafede, perciò, non si può cedere, ma se si arrivasse a una legge che ne fa salvi i princìpi fondamentali, più che alle bandierine della politica sarà utile pensare agli interessi degli italiani, che sono quelli di avere una giustizia giusta, processi veloci e con questa riforma anche il via libera europeo alla tranche dei finanziamenti del Recovery Plan dedicata al potenziamento dei tribunali e delle cancellerie.
    In questo quadro, un atteggiamento decisamente responsabile è quello manifestato da Conte e Di Maio, accusati ingiustamente di essere pronti a bersi di tutto pur di restare azionisti del governo Draghi. A differenza di chi sta esprimendo sui Social una comprensibile delusione per una riforma della Giustizia che equivale a due passi indietro piuttosto che uno avanti, adesso però la cosa più utile è vedere le carte sul tavolo, ricordando agli altri giocatori che si può anche andar via se la partita è truccata. E in questa fase non perdere la concentrazione, distratti da amici e avversari. Sia gli uni che gli altri sono infatti assai pericolosi....
    continua

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    1. .... seconda parte. I primi, per esempio, senza averle ancora viste stanno definendo “inutili” le correzioni che lo stesso Draghi e la Cartabia hanno detto di voler valutare. Si tratta di intenzioni serie o di un misero bluff? Dirlo al buio è un azzardo, anche se in base alle partite precedenti il calcolo delle probabilità non favorisce il premier e la sua ministra. Ma allo stesso tempo bisogna stare vigili con gli avversari, in quanto siamo nella situazione ideale per quei bari che con manine abili possono approfittarne per riempire la Giustizia di spazzatura. Ieri ne abbiamo visto uno, tale Pierantonio Zanettin, non a caso sconosciuto ai più, che dai banchi dei berluscones ha cercato di cambiare un pezzo del codice penale. Se la diga si rompe, questi non li tiene più nessuno.

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  9. Tutto quanto è qui esposto Mattarella, Draghi e Cartabia lo sanno benissimo. Per questo io esprimo su questi tre personaggi (cattolicissimi!) un giudizio morale molto severo.

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    1. Antonio, sai che gli frega del giudizio morale!!!

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  10. Verissimo!!!! E questo ci dà la misura dei delinquenti con cui abbiamo a che fare!!! Ma come mai tutti sono in grado di lamentarsi a casa, al bar, dalla parrucchiera, per strada, della delinquenza dilagante e del fatto che lo Stato faccia sempre troppo poco per contrastarla, e poi però la stessa gente, vota chi ai delinquenti da "carta bianca"??? Guardate, avete una grande opportunità: questo governo, movimento a parte, vuole accettare la schiforma Cartabia che ha come obbiettivo quello di lasciare andare in fumo migliaia processi e migliaia di delinquenti in giro, purché vengano corrette delle "cosette" che non ne cambiano però la sostanza; vogliamo tutti insieme, per una volta, combattere la criminalità, la delinquenza dentro e fuori le Istituzioni, si o no???? Meno chiacchiere e fuori gli attributi!!!!

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  11. Informiamoci! Attenzione! Siamo all'epilogo negativo della famosa e utopistica frase "La legge è uguale per tutti". La riforma Cartabia non rispecchia questo sacrosanto diritto, al contrario ne lede i principi per cui: "hai soldi? Avrai allora un buon avvocato che ti salva da qualsivoglia reato, anche grave, hai compiuto! Non ce li hai? Ci dispiace!!!!!!

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  12. Il via libera, all’unanimità, del Consiglio dei Ministri alla riforma della giustizia penale dimostra tante cose, soprattutto la poca coerenza dei ministri grillini. E’ prevalsa l’ala pro-governo del M5S. L’iter parlamentare riuscirà a correggere la riforma? Con l’inizio del semestre bianco, come si metteranno le cose? Si andrà avanti a forza di voti di fiducia?

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  13. Non credo proprio che i ministri grillini si siano fatti prendere in giro dalla Cartabia votando in CdM contro la loro stessa legge Bonafede. Questa sarebbe una giustificazione troppo benevola e, in ogni caso, falsa e improbabile. Ma se anche fosse stato così, quale giudizio può essere dato su 4 ministri che non si rendono conto del contenuto degli atti che approvano. La verità è che si sono comportati da vigliacchi disattendendo gli accordi decisi con Conte (capo politico in pectore), nonché con i due capigruppo di Camera e Senato in direzione di un voto contrario o, al massimo, di astensione. Dopodiché i 4 manigoldi hanno trovano più conveniente ai fini della loro permanenza nel governo, ascoltare l’indicazione di un altro traditore che risponde al nome di Beppe Grillo che nel frattempo, per i cazzi suoi e guardandosi bene dal rendere pubblica la sua posizione, intrattiene una cordiale telefonata con Draghi con la quale si piega all’appoggio sulla riforma Cartabia. E’ possibile che in articolo così lungo e articolato non si sia trovato lo spazio per affermare una verità così manifesta?

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  14. Sono sinceramente dispiaciuto avendo saputp che Salvini e Meloni si siani vaccinati. Si spegne una speranza.

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